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#drindrin con Alberto Forchielli e Michele Boldrin che vede come ospiti speciali due piccoli imprenditori pugliesi dei settori agricoltura, vino e ristorazione: Fabio Pietrogiovanni e Gaetano Marangelli.
 

 

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34 pensiero su “Italia paese fottuto o c’è ancora speranza? #finsubito agevolazioni”
  1. Spoiler: commento molto lungo che tratta un po' tutto il video con commenti personali di uno che il mondo del vino lo conosce abbastanza.

    21:00 il caporalato esiste anche nella coltivazione d'uva, non solo al sud ma anche al nord, anche se forse qui i livelli di sfruttamento non raggiungono i picchi visti le ultime settimane.

    25:00 il vino in Italia ha un eccesso di DOC, che non vengono usate o vanno a essere declassate ad IGT o tavola. Razionalizzare questi sprechi dovrebbe essere visto come un traguardo, non una perdita di tipicità.

    28:00 la radice politica sono la bulimia regolatoria (sia UE che italiana), l'eccessivo numero di DO che sviliscono il significato della DO stessa (anche considerando il sistema dei controlli che funziona poco e male), la mancanza di investimenti veramente indirizzati alla creazione di filiere integrate, le continue restrizioni nell'utilizzo di pf (spesso più per ideologia che per evidenze scientifiche), l'ossessione contro le innovazioni e le possibili novità (vedi OGM, cannabis light, carne coltivata, farine di insetti, ecc…). Va favorita l'agglomerazione delle piccole aziende in aziende più grandi, dirette da gente con visione imprenditoriale. A queste imprese i migliori lavoratori delle piccole che sono confluite nella più grande possono continuare a fare il loro lavoro (magari anche migliorandolo con investimenti fatti dalla nuova direzione) ma potrebbero approfittare del maggior valore aggiunto creato dalla nuova realtà per avere entrate maggiori, più stabili, versando anche contributi in misura superiore, con evidente vantaggio per la collettività e soprattutto per se stessi.

    29:00
    I prezzi medi in alto Adige sono sicuramente ben al di sopra della media italiana, ma comunque non ancora così elevati. Il prezzo di un ettaro di vigneto in Alto Adige arriva tranquillamente sopra i 400k, con PLV annuale derivante da uva di circa 25-30k (con costi "vivi" di circa 4-7k) Significa che il playback time è di almeno 18-20 anni, sperando che vada sempre tutto bene e che nel frattempo il vigneto non sia da rifare. Ovvio che se vinifico e riesco a creare valore aggiunto posso spingere la PLV fino a oltre 150 k/ha, ma avrò comunque dei costi in cantina (da quantificare in base a jnvestimenti fatti, oltrechè alle lavorazioni e ai materiali usati).
    Si può puntare sulla qualità, ma i volumi rimarranno piccoli e comunque molti vigneti verrebbero così abbandonati, il che non sarebbe necessariamente negativo.

    30:20
    Il prosecco é competitivo per una serie di motivi: coltivazione altamente meccanizzata (quasi troppo ma questo é sostenibile si vedrá col tempo), grande ed oculatissima spinta sul marketing, congiuntura della moda dei consumi favolosa per il tipo di prodotto, un gran sistema di gestione dell'offerta. É replicabile per molte altre realtà agricole? Difficile ma tentare si può. Attualmente in Veneto è l'unica produzione viticola che permette all'agricoltore di assumere personale con contratto annuale e pagarne i contributi senza andare in perdita. Rileggete quanto ho appena scritto sopra e pensate alla tristezza che tutto questo significa.

    32:00
    Purtroppo molto spesso gli agricoltori guadagnano anche meno degli 80-90 euro lordi al giorno. Questo perchè troppe volte non fanno il calcolo di tutte le ore svolte in campagna da loro stessi, nè quello degli ammortamenti. Per questo quando la tendenza è alla diminuzione del valore della derrata (tendenza che è probabilmente plurisecolare oramai) si chiedono aiuti e sussidi per mantenere la situazione esistente senza esser così forzati a vendere e/o crescere, cosa che sarebbe altrimenti inevitabile.
    In CA nella viticoltura i centroamericani sono in stragrande maggioranza (durante la stagione vendemmiale lo sono anche in cantina). Non sono però pagati una miseria come avviene da noi e, soprattutto, ci si guarda bene dall'applicare condizioni di sfruttamento. Il fatto é che il prezzo dei vini californiani permette di mantenere e sviluppare l'attività anche con costi di lavoro altissimi. Sono bravissimi a fare sistema. Vendono la stragrande maggioranza del proprio vino sul mercato interno e soprattutto vendono spessissimo l'esperienza del "wine tasting" o "wine tour". Quando ne parlo alle aziende nostrane mi guardano quasi fossi un marziano e mi considerano un sognatore. La formazione del personale inoltre è fatta capillarmente e si investe moltissimo in questo, nonostante un tasso di turn-over altissimo. Però ha un senso; se tutti fanno formazione anche se perdo un collaboratore sarà semplice trovarne un altro che abbia già una formazione di base. Così si riducono i tempi di inserimento.

    40:00
    Più che produrre meno io direi che serve produrre più valore aggiunto. Ovvio che se produco 50 q/ha probabilmente avrò vini "migliori" rispetto a produrre 500 q/ha. Però alla fine conta il margine che rimane. La "qualità" non può prescindere dalla sostenibilità economica dell'intero ciclo produttivo. Se fare qualità significa andare in perdita allora non ci siamo. Dobbiamo essere in grado di aggredire le varie aree del mercato nel miglior modo possibile. Non è detto che potremmo essere competitivi in tutti i segmenti: dove è palese che non stiamo al passo è meglio ritirarsi. Per stare al passo dobbiamo avere la possibilità (anche legale) di innovare.

    40:35
    Le associazioni agricole sono gestite in gran parte da persone di mentalità ultraconservatrice che punta solo al mantenimento dello status quo.
    Gli agricoltori hanno un legame con la terra quasi familiare (di famiglia stretta). Ovviamente sono sussidiati per mantenerla; spesso accettano anche un declino dello stile di vita pur di non separarsi da essa.

    49:30
    I grandi gruppi tirano avanti ma difficilmente fsnno marginalità buone. Aziende di successo sono Antinori e Frescobaldi (restando nel vino), proprio perchè vendono un marchio di successo. Noi speriamo ancora di fare concorrenza alla CA con metodi produttivi di 30-50 anni fa. Non ci si vuole adattare le nostre produzioni alle richieste del mercato ma si pretende che sia il mercato che si adatti alle nostre produzioni.

    58:30
    Opere possono essere utili ma non risolvono il problema. Il problema è l'uscita degli inefficienti (lo sono probabilmente anche io) e la selezione dei migliori perché probabilmente così potrebbero guadagnare di più.

    1:02:30
    Questo è probabilmente il punto cruciale. L'agricoltura non deve più essere una "fabbrica di povertà" che va avanti a sussidi e detassazioni. Devono poter pagare i propri contributi, se non totalmente, almeno per il 70 od 80%. Sarebbero comunque sussidiati, ma molto meno di ora.

    1:05:30
    A esser sincero in CA io riuscivo a trovare vino italiano, anche buono. Il prezzo al ristorante del vino di qualità italiano era all'incirca 8 volte superiore al prezzo di vendita dal produttore all'importatore (prezzo franco cantina). Parliamo comunque di vini che partivano dall'Italia con prezzi fra i 7 e i 20 euro a bottiglia. Non sono prezzi esagerati, ad alcuni potrebbero sembrare materiale da discount, però in realtà attualmente si riesce a creare marginalità buona anche con prezzi del genere. Se rimuovessimo la pletora di sussidi attuali probabilmente servirebbero prezzi di 2-3 euro superiori per mantenere inalterata la marginalità. Sicuramente è una bella botta inflattiva che non passerebbe indenne, ma magari spingerebbe a innovare ulteriormente e forzerebbe a cercare soluzioni produttive e commerciali migliori.

    1:07:00
    Chi dice che ja solo problemi di mktg non conosce molto bene il mondo del vino italiano e mondiale. Siamo mediamente molto arretrati negli investimenti rispetto a zone piu avanzate come USA, Germania, Australia, Nuova Zelanda, Canada ed altri; questo pesa molto sulla produttività. È innegabile. In Francia non sono messi poi tanto meglio di noi, ma io non sarei propenso a considerare il mal comune un mezzo gaudio.

    1:08:00
    il turismo agricolo da noi ha potenzialità enormi ma deve cambiare la mentalità completamente. Se consideriamo buon livello di penetrazione il turismo agricolo toscano (solo in aree famose fra l'altro), forse dovremmo fare un giro in Napa Valley, in Sonoma Valley od anche in zone meno blasonate Californiane, ma anche a Mendoza (in Argentina!!!), in Australia, in Valle del Douro in Portogallo, in Val del Rodano in Germania. In queste zone le aziende agricole riescono a vendere buona parte della produzione (accanto ad altri servizi) direttamentr in azienda, con marginalità altissime ed enorme volano di mktg. Inoltre permettono di creare un sistema virtuoso di ritorno di immagine e turistico sul territorio.

  2. Massimo per rispetto per Boldrin, lo ascolto spesso per la libertà di pensiero che esprime. Sulla analisi della situazione Californiana mi aspettavo qualcosa di più profondo.

  3. Mi pare che il gruppo di Bonifiche Ferraresi abbia sviluppato il modello, integrandosi a valle con la trasformazione diretta e la commercializzazione di alimentari trasformati. Hanno creato anche un brand

  4. In molte zone d'Italia l'agricoltura "mantiene il paesaggio", che è un valore aggiunto indiretto, cioè ambientale. Anche questa variabile dovrebbe essere presa in considerazione nel ragionamento complessivo.

  5. Il profilo fiscale potrebbe aver influito.
    Fino alla riforma del CC del 2001 erano tassati come reddito agrario solo i possedimenti di persone fisiche e s.s., dopo questo vantaggio è stato esteso anche alle società di persone, alle srl e alle coop. Potrebbe essere una conseguenza di questo il fatto che le imprese agricole sono ancora molto piccole?
    La tassazione con reddito agrario di per sè potrebbe creare delle storture? Qui chiedo per ignoranza, non so come funzioni la tassazione delle aziende agricole all'estero.
    Segnalo infine che, anche se non riceve sussidi diretti come nel caso del seminativo, l'ortofrutta riceve sussidi UE quando si riunisce sottoforma di organizzazioni di produttori.
    Forse sentire un fiscalista su questo tema potrebbe aiutarvi, vorrei essere abbastanza preparato sul tema da aiutarvi personalmente, ma non lo sono ancora.

  6. Agricoltura drindrin secondo me è stop incentivi a pioggia per l'agricoltura per mantenere produzioni inefficienti e pagare benzina ma darle per automazione risparmio idrico, innovazione, basta radicoli stop ad OGM che magari qualche bioingegnere non deve scappare all'estero e fa un bel brevetto italiano

  7. Una critica al signor Pietrogiovanni, spero di non offendere. Che senso ha criticare la cultura aziendale agricola sui punti 1. Innovazione 2. Investimenti 3. Dimensioni, se tu stesso hai deciso di aprire una piccola azienda agricola di una cultura come la vite che impiega anni ad andare in profitto dopo l'impianto e non ha futuro a causa del cambiamento climatico. O forse ho capito male e il terreno era già vitato? Cioè apprezzo lo spirito di impresa però non mi è chiaro in cosa lei si distingue dagli altri agricoltori.

  8. Fact checking su affermazione di Boldrin riguardo al fatto che i prezzi italiani in agricoltura sono al ribasso a causa della competizione estera (aggiungo, guardare a Spagna, Turchia, Olanda, Grecia etc.).

    Da report su mercato albicocche facilmente googolabile:

    L’offerta nel nostro Paese, per il 2024, infatti, sarà di poco superiore alle 210mila tonnellate.

    Le esportazioni di albicocche nel 2023 sono tornate su valori più contenuti, 27mila tonnellate.

    Nel caso dell'import, è la merce di provenienza spagnola, con oltre 13mila tonnellate (il 70% del totale).

    Ovvero: la maggior parte delle albicocche, come molte altre colture temperate fino a subtropicali (vedasi esempio eclatante le mele che provengono sia da Trento che da Bozen), sono autoprodotte, con una componente minoritaria di export e import che almeno per questa annata si equivalgono.

    Almeno nel caso delle albicocche, e nel caso eclatante di mele e vino, non si può affermare che c'è una reazione economica alla competizione con l'estero che trascina al ribasso i prezzi. Il valore dell'albicocca quello è, più del triplo del prezzo standard non penso si possa fare.

    Edit: ho corretto un'informazione sbagliata

  9. Prof e Alberto, una domanda… In Italia grossi gruppi, grosse aziende ce ne sono poche. Al contrario tante, tantissime microimprese… Sarà il caso di studiare formule che permettano un'aggregazione di queste microimprese? Incentivi che portino a fare Rete, consorzi o similari in modo che assumano una rilevanza maggiore sotto forma organizzativa e di struttura?

  10. @Boldrin, bene questi contenuti che aprono la porta a delle riflessioni più verticali. Andrebbero fatte/commissionate delle analisi di Alto livello da calibrare su analisi di tipo quantitativo su 3/4 punti fondamentali

  11. Ok prendere a modello certe pratiche che fanno in Spagna, però non si può non parlare di quanto l’agricoltura spagnola sia trainata dalle serre di Almeria, che producono prodotti piuttosto scadenti (sono gli stessi prodotti che importavano quando ero a Londra, e non sapevano veramente di niente) oltre ad aver completamente rovinato l’eco sistema intorno. Gli abitanti molti se ne sono dovuti andare a causa delle micro plastiche rilasciate nel terreno dalla quantità immensa di serre, e se si guarda dal satellite come è cambiata l’area negli ultimi 20 anni, è impressionante (in senso negativo).
    Questo per dire che dobbiamo si vedere cosa fanno di buono gli altri, ma teniamo contro anche di tutto ciò che hanno fatto di sbagliato e teniamolo a mente prima di voler favorire solo grandi produttori, i cui unici interessi sono sempre il proprio profitto e quasi mai la crescita economica delle zone in cui operano

  12. conoscendo da hobbista un po' la coltivazione dell'ulivo per provare a trovare una risposta alla questione posta dal Prof., non potrebbe essere semplicemente che a livello europeo/nazionale/per conoscenze pregresse/storia/etc. etc. si è deciso di "assegnare" alla Spagna produzione olii di quantità, di qualità grossolana, per mercati svariati ed ampi (non solo alimentari), mentre all'Italia, per più di una ragione (e di una fazione) si è deciso di puntare sulle quantità ridotte per cultivar, ma differenziato e di qualità (più o meno discorso similare a quello fatto sui vitigni), a più alto valore/litro ?

  13. Stasera su Rai3, Filorosso Revolution: tante risposte alle domande sul disastro agricolo italiano ( vengono chiamati in causa anchr i brokers della grande distribuzione e le storture della Pac)

  14. Forse io la faccio troppo facile, ma la risposta mi pare ovvia. L'agricoltura italiana è pesantemente sussidiata (si pensi all'esenzione dall'irpef dei redditi agricoli in vigore dal 2016 sino a quest'anno) ed il fatto che sia sussidiata tiene in piedi, grazie anche all'aiuto degli ulteriori sussidi europei, aziendine improduttive. I proprietari, per ragioni culturali od altro, preferiscono tirare a campare grazie a questi aiuti invece di vendere. Dato che non vendono gli agricoltori produttivi non possono crescere e raggiungere dimensioni tali da poter investire su tecniche di produzione nuove e maggiore meccanizzazione. E quindi si rimane poco competivi

  15. Ho un'azienda "ereditata" dai genitori. Piccolissima, invisibile, praticamente un granello di sabbia nel deserto. Ho provato (in quasi 30 anni) a coinvolgere altre aziende, mettendo assieme le forze, le esperienze e i capitali. Impossibile! Gli artigiani, soprattutto, sono estremamente gelosi e possessivi della roba propria. Guai a chi me la tocca! Di conseguenza molte micro imprese come la mia, vivacchiano, tirano avanti. Triste. Molto
    PS: grazie per quello che fate

  16. Ho appena letto "la cucina italiana non esiste" di Grandi e Soffiati, offre degli spunti di riflessione sulla questione arretratezza agricola italiana.
    Un'altra cosa a cui ho pensato è che non si è obbligati a coltivare albicocche, l'azienda per cui lavoro produce un farmaco a partire da una proteina ricombinante prodotta nelle foglie di tabacco coltivato in Israele

  17. Che fatica però ad arrivare al punto! Le domande di Michele erano molto appropriate. Un esempio: la manodopera non si trova. Eh esiste sempre un pezzo a cui la si trova. Sembrava quasi che fosse una coppia degli italiani (e quindi anche mia) che non vogliono andare nei campi a lavorare.

  18. Grazie questi approfondimenti sulle realtà produttive in vari settori sono molto interessanti.Certo le casistiche sono molte e gli approfondimenti sono ovviamente parziali. Sarebbe interessante, in particolare per il settore agricolo,un approfondimento sul trattamento fiscale in confronto ad altri settori produttivi. Grazie

  19. Bella discussione! Consiglio anche di intervistare gli agricoltori de LeRogaie e agricostanzo, che hanno canali abbastanza seguiti su youtube.

  20. Ma vedere la gestione dell immigrazione in Italia finalmente come una politica di destra è così difficile?
    Riduzione del costo del lavoro, nient'altro, chiaro che aumentare la forza lavoro di lavoro non qualificato avrebbe fatto ridurre il livello di salario medio e di conseguenza optare per un uso più massivo del fattore lavoro da parte degli imprenditori.
    Se i salari fossero stati più alti si sarebbe si investito in capitale fisico.

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