Non riesci a pagare le rate del mutuo?
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In periodi di protratta crisi economica come quello attuale, le difficoltà a pagare finanziamenti riguardano moltissime famiglie italiane ed anche parecchie ditte individuali e piccole imprese. In questa guida ti spiegheremo quali sono le conseguenze per chi ritarda, o omette, di versare le rate entro le scadenze contrattuali previste.
Quanto ti diremo potrà esserti utile per prevenire i problemi legali legati al recupero coattivo dei crediti, con i pignoramenti di conti correnti e stipendi e le vendite all’asta dei beni del debitore, ma anche per evitare le seccature e i fastidi derivanti dalle insistenti richieste di rientro dall’esposizione debitoria, che provengono da banche, finanziarie e società di recupero crediti.
Finanziamento non restituito: quali rischi?
Partiamo dall’aspetto più delicato, e vediamo cosa rischia chi non restituisce un finanziamento entro i termini.
Innanzitutto sulla somma dovuta verranno applicati gli interessi di mora, che sono più elevati di quelli previsti per il normale rimborso, in quanto rappresentano una penale per l’inadempimento protratto. Gli interessi di mora vengono calcolati a partire dalla scadenza di ciascuna rata non pagata e possono raggiungere cifre consistenti, che vanno ad aggravare il debito complessivo.
In secondo luogo partirà la segnalazione ai Sic (sistemi di informazione creditizia) come “cattivo pagatore”, e questo precluderà la possibilità di ottenere altri finanziamenti sino a quando la situazione non si sarà normalizzata, e talvolta anche oltre, perché la traccia dell’inadempimento pregresso rimane negli archivi e pregiudica il giudizio di meritevolezza del richiedente.
In casi di ritardi e anomalie nel rispetto del piano di rimborso, la segnalazione in Crif viene cancellata solo dopo 36 mesi che decorrono dalla data di restituzione finale del debito, per cui se l’inadempimento si protrae si rischia di rimanere segnalati molto a lungo.
Ma queste sono soltanto le conseguenze immediate, che scattano in caso di un paio di rate consecutive non rimborsate per i prestiti al consumo, e di otto rate nel caso di mutui ipotecari e fondiari: i problemi maggiori riguardano l’esecuzione forzata sui beni del debitore, compresi quelli futuri, cioè quelli che un domani potrebbero entrare nel suo patrimonio. E questo può coinvolgere anche chi, all’occorrenza, aveva fornito, all’atto della stipula del prestito, una garanzia personale: un parente, un socio, un amico, che in caso di inadempienza si espone con il suo patrimonio.
A livello legale, le azioni di recupero dei crediti da parte di banche e società finanziarie si concretizzano con comunicazioni di sollecito, lettere di diffida e messa in mora, dichiarazione formale di
risoluzione del contratto per inadempimento all’obbligo di restituzione rateale e periodica con le modalità che erano state convenute al momento della stipula del prestito e che il debitore, anche senza sua colpa, non ha rispettato.
Recupero crediti: quando scatta il pignoramento
Da qui, poi, si arriva presto alle vie giudiziarie: siccome il credito è fondato su prova scritta (il contratto di finanziamento stipulato), il debitore inadempiente riceverà un decreto ingiuntivo, cioè un ordine, emesso dal giudice, di pagamento delle somme dovute (cui si aggiungono gli interessi e le spese di procedura), e un atto di precetto, con il quale si intima di saldare l’’intero importo entro 10 giorni, altrimenti si procederà ad esecuzione forzata.
A questo punto si rischia seriamente di subire il pignoramento del conto corrente, dello stipendio o pensione, del Tfr, dei propri beni mobili ed anche degli immobili (fabbricati e terreni, compresa la prima casa: l’esonero riguarda solo i debiti verso Agenzia Entrate Riscossione), che potranno essere
venduti all’asta giudiziaria, in modo che il debitore si soddisfi sul ricavato. A determinate condizioni, è anche possibile per il creditore procedente ottenere l’assegnazione diretta dei beni pignorati.
Insomma, specialmente quando la somma non restituita è consistente, in un modo o nell’altro si perde la casa. Invece per i finanziamenti di piccolo importo i creditori preferiscono pignorare i conti correnti, specialmente quelli su cui vengono accreditati stipendi, compensi, altri emolumenti e pensioni.
Se in fase di stipula del contratto era stato inserito il nominativo di un garante del finanziamento, anch’egli subirà le medesime azioni legale e giudiziarie finalizzate al recupero delle somme concesse a mutuo o a prestito e non restituite.
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Come risolvere le difficoltà a pagare i finanziamenti
Per evitare le gravi conseguenze che abbiamo descritto, il debitore che non riesce a pagare puntualmente le rate di rimborso di un mutuo o di un prestito dovrebbe cercare un accordo con la banca o la società finanziaria erogante, per ottenere una dilazione o una rinegoziazione del piano di restituzione delle somme.
È bene essere leali ed esporre la situazione senza nascondere nulla o trincerandosi dietro vaghe e inutili promesse: infatti molti istituti di credito, consapevoli delle difficoltà economiche di molti loro clienti privati, sono disponibili a concedere soluzioni favorevoli in questo senso, anche perché le procedure di recupero sono lunghe costose, quindi si cerca di fare tutto il possibile per evitare di intraprendere la via giudiziaria.
Così, con un allungamento del piano di rimborso e un abbassamento delle rate, si potrà fronteggiare meglio la restituzione graduale del prestito. Per i mutui è anche possibile cambiare banca, facendo la surroga presso un altro istituto di credito disposto a offrire soluzioni più favorevoli, ad esempio con tassi di interesse inferiori a quelli stipulati in precedenza, se nel frattempo le condizioni di mercato sono cambiate e il prestito era a tasso fisso.
Una pessima idea, invece, è quella di cercare di rimborsare un finanziamento che si sa di non poter saldare con i propri mezzi ricorrendo ad un
nuovo finanziamento: gli interessi del nuovo prestito si sommerebbero, di fatto, a quelli già calcolati sul precedente e questo aggraverebbe nel lungo termine l’esposizione debitoria. Lo si può fare soltanto se l’importo da restituire è diventato minimo, ma in quel caso è bene ricorrere all’estinzione anticipata, che taglia radicalmente i costi residui gravanti sul finanziamento (gli interessi sulle rate rimaste non sono più dovuti, perché la somma viene restituita prima delle scadenze originariamente programmate).
Quando convengono le trattative con i creditori
Se il creditore ha già intrapreso le azioni legali e giudiziarie, si può tentare – possibilmente con l’ausilio del proprio avvocato o commercialista – un saldo e stralcio: è un accordo transattivo che spesso consente di ottenere un forte sconto sulla somma complessiva dovuta, soprattutto se la controparte è una società di recupero specializzata, alla quale la banca o o la finanziaria stipulante ha ceduto il proprio credito ad un prezzo inferiore a quello nominale, proprio per le difficoltà di riscossione che ne sminuiscono il valore.
È bene farsi assistere da un esperto in queste delicate trattative, per sviluppare correttamente i calcoli del piano di ammortamento del debito ed evitare brutte sorprese con clausole “capestro” in caso di altre successive insolvenze: il nuovo accordo, infatti, sostituisce il contratto precedente, e se non rispettato potrebbe costituire un valido titolo esecutivo in mano al creditore per riscuotere immediatamente l’intera somma.
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Come liberarsi dai debiti per finanziamenti non pagati
Se la situazione precipita, ad esempio perché non si riesce a restituire diversi finanziamenti concessi nel tempo e ci sono anche altri tipi di debiti, come quelli verso fornitori e dipendenti o quelli fiscali e contributivi, la soluzione estrema, ma proficua, è quella di accedere agli istituti previsti dalla legge sul sovraindebitamento, meglio nota come legge salvasuicidi, e recentemente potenziata per fornire ulteriori garanzie a chi è fortemente indebitato.
In questo modo si tenterà, con l’ausilio di un Occ (organismo di composizione della crisi) e l’intervento del giudice, di risolvere l’intera esposizione debitoria accumulata, e non solo quella di un singolo finanziamento non restituito entro le scadenze programmate. Le vie d’uscita offerte dalle procedure di eliminazione del sovraindebitamento sono molteplici, e il più delle volte risultano convenienti perché tengono conto della situazione attuale del debitore e dunque considerano le sue concrete capacità di rimborso.