XXXIII Giornata Mondiale del malato: “La malattia come testimonianza di vita”

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Sabato 11 febbraio sarà la XXXIIIA Giornata del Malato. Anche la nostra Diocesi si prepara all’evento. Come è ormai tradizione verrà celebrata una messa sabato 8 febbraio alle 16 presso la veranda dell’ospedale per gli Infermi di Faenza. A officiare la funzione sarà monsignor Claudio Stagni.

La speranza che non delude, il tema di quest’anno

L’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute ha scelto un tema in linea con il titolo del Giubileo 2025, che è tratto dalla Lettera ai Romani di S. Paolo. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.(Rm 5,5)  Il versetto si pone in mezzo alla riflessione di San Paolo che mette in relazione malattia e speranza. Come viene spiegata? Con il riferimento alla poesia ‘Il portico del mistero della seconda virtù’’ del  poeta francese C. Péguy (1873-1914) che loda la speranza come una virtù ‘’bambina’’, desiderosa di vita.

‘’La fede che più amo, dice Dio, è la speranza. 

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……………..

E soprattutto nei bambini.
Mie creature.
Nello sguardo e nella voce dei bambini. Perché i bambini sono più creature mie.
Che gli uomini. ………………

Ma la speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende.
Me stesso.
Questo sì che è sorprendente. …………………

Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio.
Che vedano come vanno le cose oggi e credano che andrà meglio domattina.
Questo sì che è sorprendente ed è certo la più grande meraviglia della nostra grazia.
Ed io stesso ne son sorpreso. ………………….

Ciò che mi sorprende, dice Dio, è la speranza.
E non so darmene ragione.
Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla.
Questa speranza bambina.
Immortale. …………………….

La Fede è una Sposa fedele.
La Carità è una Madre.
Una madre ardente, ricca di cuore.
O una sorella maggiore che è come una madre.
La Speranza è una bambina insignificante.
Che è venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso.
Che gioca ancora con il babbo Gennaio.
……………..ma è proprio questa bambina che attraverserà i mondi.
Questa bambina insignificante.
Lei sola, portando gli altri, che attraverserà i mondi passati.

…………………..

Ma la speranza non va da sé. La speranza non va da sola. Per sperare, bambina mia, bisogna esser molto felici, bisogna aver ottenuto, ricevuto una grande grazia. ………………….

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Sulla via della salvezza, sulla via carnale, sulla via accidentata della salvezza, sulla strada interminabile, sulla strada fra le sue due sorelle la piccola speranza.
Avanza.
Fra le due sorelle maggiori…………
E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorelle maggiori.
La prima e l’ultima.
Che badano alle cose più urgenti.
Al tempo presente.
All’attimo momentaneo che passa. ………………………………

La Speranza vede quel che non è ancora e che sarà.
Ama quel che non è ancora e che sarà.

Nel futuro del tempo e dell’eternità.

…………………….

Certo, la speranza del malato guarda al futuro con il desiderio di guarire, ed anche con desideri spirituali. Possiamo dire che la sofferenza – che ci capita addosso, sconvolge la nostra vita, ci fa precipitare come in un baratro – diventa per tutti un’opportunità di lotta  spirituale. S. Paolo vede la speranza in relazione all’opera salvifica di Dio, addirittura dice ‘ci vantiamo nelle tribolazioni’, perché la tribolazione genera perseveranza, (possiamo dire pazienza?- FERMEZZA E COSTANZA) la perseveranza genera Temperanza ( la temperanza (come pure la fortezza) ha sede propria nell’appetito sensibile. Avrà allora per compito il regolare le passioni e dirigerle secondo ragione e non in modo istintivo o animale.  ……) e la temperanza genera la speranza. E -dice- non ci fa vergognare perché lo Spirito Santo effonde nei nostri cuori lo Spirito di Dio. Poi parla della giustificazione, che è salvezza e rinnovamento (=nuova vita per grazia) , condizione di pace con Dio e con la relazione con gli altri, che ci da l’accesso alla grazia di Dio che ci motiva la speranza (vera) della gloria di Dio.

L’amore di Dio che ci ha mandato Gesù per la nostra salvezza

Paolo ci presenta quindi le tre virtù teologali, Fede speranza e carità. Speranza – dice Paolo – che non delude, che viene tradotto anche ‘non ci fa vergognare’: la malattia – che Cristo permette – si supera attraverso l’amore che Dio mette nei nostri cuori attraverso la grazia. Il sacrificio di Cristo sulla croce cambia il cuore dell’uomo. Il cristiano è chiamato a far discernimento sul senso della vita, ‘’accogliendo nella fede il dono della grazia divina, con relazioni d’amore e guidati dalla speranza’’. Così il tempo della prova e della malattia diventa testimonianza di vita, la speranza apre nuovi orizzonti e ci dà la capacità di superare la prova del tempo. Con l’aiuto dello Spirito Consolatore, perché  – scrive l’Apostolo – ‘’Dio ci ha salvati mediante il rinnovamento dello Spirito Santo effuso su di noi abbondantemente’’.

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