Foti: “Revisione PNRR entro marzo”. Corsa per salvare 3,7 miliardi di euro per progetti Ue. 250 milioni per tenere aperta Ilva fino vendita. La rassegna Energia
È in arrivo una nuova revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Entro i primi di marzo approderà in Parlamento. Lo rivela il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR, Tommaso Foti, in un’intervista a La Stampa, chiudendo le porte alla possibilità di una proroga della scadenza del 2026, almeno per ora. “Penso che oggi l’obiettivo del 2026 vada tenuto fermo”. I 250 milioni aggiuntivi che il decreto legge 3/2025 ha destinato ad Acciaierie d’Italia in as serviranno a tenere aperta l’ex Ilva in attesa della privatizzazione. A dirlo è il commissario di AdI, Giovanni Fiori, audito ieri presso la commissione Industria del Senato. Partita la corsa per salvare i 3,7 miliardi di euro della programmazione europea 2021-2027 per interventi nei settori energia e sostenibilità. La lista dei progetti urgenti include 108 (il 45%) interventi nel settore Sviluppo sostenibile, attrattività delle imprese e transizioni digitale e verde, 38 nell’area Rifiuti, 27 nelle Infrastrutture per il rischio idrogeologico e idraulico e la protezione dell’ambiente, 25 nell’Energia, 24 in Trasporti e mobilità e 20 per le Risorse idriche. Lo Sviluppo sostenibile rappresenta il 54% del totale (2 miliardi), al secondo posto troviamo Trasporti e mobilità con 836 milioni (23%), gli altri settori rappresentano tra il 10 e il 3% (…) poco meno di 20 milioni al Just transition fund della presidenza del Consiglio per le aree di Taranto e del Sulcis. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ha sottolineato l’importanza “di una disponibilità finanziaria per i lavori di manutenzione degli impianti che in questi anni non sono stati fatti”. La rassegna Energia.
PNRR, FOTI: “TRATTARE CON USA, A MARZO REVISIONE PIANO”
“Tommaso Foti è nel suo ufficio di Largo Chigi, pochi metri da piazza Colonna. Due mesi fa ha accettato di sostituire Raffaele Fitto nell’incarico più complicato del governo Meloni: i rapporti con l’Europa e la gestione del Recovery Plan. Ha appena ricevuto un gruppo di ragazzi che gli chiedono se c’è da essere preoccupati per le mosse di Donald Trump. (…) il Pnrr è la somma di due cose: c’è da far avanzare la spesa, ma anche da attuare le riforme, per le quali dopo attente verifiche ci sono state concesse sei rate su dieci. La settima, ora sottoposta alla valutazione della Commissione europea, ha ben 67 obiettivi. Una volta conclusa, avremo altri 18 miliardi. Di qui al 2026 abbiamo da aggiudicarci complessivamente altri 54 miliardi». (…) prevediamo una nuova revisione del Piano e la porteremo in Parlamento». (…) «Se lo facessi, verrei meno al rispetto dovuto al Parlamento. Dovrebbe essere pronta ai primi di marzo, poi le Camere decideranno quando discuterne. Ci sarà la revisione di alcuni investimenti a favore di altri. Su alcuni interventi dobbiamo registrare cause di forza maggiore che ci costringono a fare delle scelte. Le faccio un esempio: nella galleria del Valico dei Giovi è stato trovato del gas. (…) «Se si inizia a parlare di proroghe, non possiamo focalizzarci sulle scadenze del piano. Io penso invece che oggi l’obiettivo del 2026 vada tenuto fermo. Ciò detto, non sono il mago Otelma e non posso prevedere cosa capiterà nei prossimi mesi, ad esempio se altri Paesi, che pure hanno chiesto meno fondi di noi, chiederanno di rivedere le scadenze. Di certo occorre avere un occhio di riguardo verso le risorse che abbiamo ricevuto a fondo perduto, circa 72 miliardi: nessuno deve poter dire che l’Italia è rimasta con le mani in mano su soldi frutto di debito comune»”, si legge su La Stampa.
“Vedremo presto i risultati dell’ultimo decreto del Tesoro che permette agli enti locali anticipazioni di spesa fino al novanta per cento».
L’unico Paese che ha ricevuto una mole di finanziamenti pari all’Italia è la Spagna, il cui tasso di crescita nel 2024 è quasi sei volte l’Italia. Stanno sfruttando l’occasione meglio di noi? «Gli spagnoli hanno puntato molto sulla realizzazione di strumenti finanziari che permetteranno loro di andare oltre la scadenza del 2026. La cosiddetta messa a terra del piano spagnolo è molto più semplice della nostra: noi abbiamo 262mila fonti di spesa. In quanto ai risultati dell’economia spagnola, volgerei lo sguardo ai loro costi dell’elettricità, realizzata per quasi i due terzi da fonti rinnovabili e dal nucleare con costi molto più bassi dei nostri». (…) La vicenda con il Messico e il Canada dimostra che i dazi possono essere uno strumento per discutere d’altro. Secondo lei Trump cosa vuole dall’Europa? «Sarebbe un peccato di vanità mettermi nei suoi panni. Ma posso avanzare l’ipotesi che la nuova amministrazione ritenga di aver contribuito alla politica di difesa europea più di quel che sarebbe logico fare, e dunque si aspetta una maggiore autonomia dell’Unione. E poi c’è il tema delle forniture di gas (…) Non è la prima volta che i rapporti fra Europa e Stati Uniti si fanno tesi. E’ accaduto in circostanze persino più drammatiche delle attuali: è accaduto con la guerra in Vietnam, l’invasione dell’Iraq. Facciamo una valutazione fredda della situazione, e domandiamoci quali siano i presupposti di questa guerra annunciata». (…) «Vero è che gli Stati Uniti hanno un’importante passivo commerciale, ma hanno anche un forte attivo sul lato dei servizi. Lo stock degli investimenti americani nell’Unione europea è quattro volte quello della regione asiatica. E a loro volta gli investimenti europei negli Stati Uniti sono dieci volte quelli di Cina e India insieme»”, continua il giornale.
ENERGIA, 3, 7 MILIARDI FONDI UE PER 242 PROGETTI
“È pronta la lista dei progetti urgenti della programmazione europea 2021-2027: oltre 3,7 miliardi da spendere in modo prioritario, in sei settori strategici, pena l’attivazione dei poteri sostitutivi della presidenza del Consiglio. Si tratta in tutto di 242 interventi, indicati da Regioni e ministeri al Dipartimento per le politiche di coesione, nei sei ambiti che erano stati individuati con la riforma della politica di coesione varata dall’ex ministro e ora commissario Ue Raffaele Fitto con il decreto legge 60 del 7 maggio 2024. (…) L’elenco, visionato dal Sole 24 Ore, include interventi già selezionati oppure in fase di pianificazione; 108 progetti (il 45%) rientrano nel settore Sviluppo sostenibile, attrattività delle imprese e transizioni digitale e verde, 38 riguardano l’area Rifiuti, 27 le Infrastrutture per il rischio idrogeologico e idraulico e la protezione dell’ambiente, 25 l’Energia, 24 l’ambito Trasporti e mobilità e 20 le Risorse idriche. In termini finanziari, invece, lo Sviluppo sostenibile rappresenta il 54% del totale, con quasi 2 miliardi, seguito da Trasporti e mobilità con 836 milioni (23%) mentre gli altri settori presentano una rilevanza più esigua, tra il 10 e il 3%(…) poco meno di 20 milioni al Just transition fund della presidenza del Consiglio per le aree di Taranto e del Sulcis. (…) Tra le Regioni, è la Campania quella ad avere indicato la somma più alta (733,9 milioni divisi in 28 interventi), seguita dalla Sicilia (576,5 milioni e 10 progetti). Poi cifre molto più basse: Puglia con 196,8 milioni, Toscana con 195,8 milioni, Piemonte con 125,5 milioni”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Riassumendo, la programmazione comunitaria 2021-2027 vale per l’Italia poco meno di 75 miliardi di euro, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale. Di questa grande torta, circa 35,6 miliardi rientrano nei sei settori strategici individuati dalla riforma. E di questa fetta, l’elenco di 3,7 miliardi di euro è dunque ritenuto la parte prioritaria. (…) Ecco che, anche per non perdere del tutto il treno dei fondi 2021-2027, si è scelta la via di accelerare almeno nei settori strategici. Le 242 misure indicate saranno sottoposte a un rigido cronoprogramma secondo tre tappe: completamento delle procedure di selezione, assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti, completamento. Sono stati previsti un monitoraggio rafforzato da parte del Dipartimento per la coesione sulla base di relazioni semestrali da parte delle amministrazioni titolari e un meccanismo di premialità che sblocca risorse da usare per il cofinanziamento”, continua il giornale.
ENERGIA: lLVA, FONDI PER PROSEGUIRE FINO VENDITA
“I nuovi 250 milioni assegnati ad Acciaierie d’Italia in as servono a far andare avanti l’azienda in attesa della privatizzazione. Commentando il decreto legge 3/2025 relativamente ai soldi messi a disposizione da Ilva in as, con l’estensione da 150 a 400 milioni di una precedente misura, il commissario di AdI, Giovanni Fiori, ieri in audizione alla commissione Industria del Senato insieme ai commissari Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli, dichiara che in quest’anno di gestione commissariale c’è stato «un enorme fabbisogno di cassa. Questa è una fabbrica che va in pareggio con 5 milioni di tonnellate all’anno. E noi siamo arrivati che ne avevamo 1 milione e mezzo». (…) «Possiamo stimare in 200-250 milioni di euro la somma impiegata nel recupero dell’affidabilità impiantistica sia ambientale che dei lavoratori» ribadisce Quaranta. Passando da 4mila a 9mila tonnellate di ghisa al giorno e riaccendendo da metà ottobre l’altoforno 1, «abbiamo potuto consegnare ai nostri clienti circa 2 milioni di tonnellate nel 2024» afferma Quaranta. Adesso, prosegue, le nuove risorse consentiranno «di rendere costante l’acquisto delle materie prime e l’alimentazione degli impianti» arrivando ad «un livello produttivo variabile tra i 3,6 e i 4 milioni di tonnellate nel 2025. AdI in as – rileva Quaranta – oggi ha un portafoglio ordini, per i prossimi 3 mesi, di 743mila tonnellate con un prezzo medio di 638 euro a tonnellata”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“I nuovi soldi per AdI arrivano dal patrimonio destinato di Ilva in as, costruito con un miliardo e 164 milioni fatti rientrare in Italia dai Riva, precedenti gestori e proprietari del gruppo dell’acciaio. I commissari di Ilva in as, Alessandro Danovi, Daniela Savi e Francesco Di Ciommo, anch’essi in audizione, spiegano che ad oggi sono stati utilizzati 839 milioni, di cui 410 milioni per la continuità operativa della società. (…) Infine, il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, sollecita «un ulteriore decalage sulle quote gratuite di CO2 che oggi terminano nel 2028-2029. C’é una battaglia da fare perché gli altiforni di Taranto possano continuare a vivere in attesa che si realizzino gli impianti di Dri per i forni elettrici» (…) Gozzi evidenzia la necessità «di una disponibilità finanziaria per i lavori di manutenzione degli impianti che in questi anni non sono stati fatti». Si stima 2 miliardi a prescindere dalla decarbonizzazione”, continua il giornale. (Energia Oltre – edl)
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