L’antropologia cristiana e l’oggi

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Negli anni 50 il filologo J. F. Niermeyer pubblicò a Leida, presso l’editore Brill un imponente (nonostante l’ossimoro minusMediae Latinitatis Lexicon Minus. Sono andato a cercare la voce tractatus e ho scoperto ben dieci accezioni diverse di questo termine derivante dal verbo tractare, che in latino ha una semantica fluida, “impegnarsi in un lavoro”. In quel lessico tre significati hanno un’impronta ecclesiastica e rimandano all’“omelia”, a un testo teologico, soprattutto con riferimento alla dottrina di un concilio, e al canto liturgico (il tractus). Nel linguaggio ecclesiale il “trattato” è sostanzialmente un manuale teologico o filosofico di taglio didattico: pensiamo – per stare alla tradizione medievale – al Tractatus de primo principio di Duns Scoto o al curioso Tractatus de plantatione paradisi di san Bonaventura.

Attualmente questo genere è stato abbandonato e sostituito da opere di più ampio respiro o di approfondimento tematico, come risulta a chi volesse scorrere la prestigiosa collana “Biblioteca di teologia contemporanea” dell’editrice bresciana Queriniana, giunta ormai a oltre 200 titoli. Essa non esita, come abbiamo talora segnalato in queste pagine, a offrire saggi dal titolo apparentemente innovativo del tipo Etica animale Dio è anche giardiniere. Questa interlocuzione con la cultura contemporanea rivela spesso un handicap: il linguaggio teologico ha certamente una sua specificità, ma talora si avvoltola in un’autoreferenzialità quasi esoterica, indecifrabile da parte dello studioso “laico” che vorrebbe inoltrarsi in quell’orizzonte, pronto a riconoscere che esistono vari «magisteri non sovrapponibili» (non overlapping magisteria), paralleli, degni di una loro autonomia, come voleva Stephen Gould, scienziato agnostico.

A costoro è, però, possibile segnalare con particolare calore l’opera di un teologo di lungo corso e bibliografia, Ignazio Sanna, che è stato docente e anche vescovo (di Oristano) e che, sulla scia di una costante ricerca, ha pubblicato ora un vasto approccio alle sfide rivolte oggi all’antropologia cristiana. Penalizzato forse da un titolo un po’ ecclesialese, Testimoni d’eterno nel tempo (pur col suo ammiccamento dantesco e la giustificazione finale), questo scritto è impressionante per un duplice profilo metodologico. Da un lato, l’autore dimostra una straordinaria interlocuzione con le molteplici e inedite istanze della cultura odierna, spesso roventi quando affrontano le questioni antropologiche. D’altro lato, è esemplare il dettato del tutto trasparente anche al lettore “laico”, senza però la perdita del rigore e della qualità del linguaggio teologico.

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Difficile è delineare la trama di un orizzonte tematico così allargato e tale da rendere arduo tracciarne una mappa. Tra l’altro, come personalmente posso attestare, ogni volta che nei dialoghi del Cortile dei Gentili tra credenti e non credenti si trattano simili temi, ci si trova subito di fronte a un ostacolo preliminare: a differenza del passato non esiste più un concetto di natura umana condiviso, per cui non si può affermare agevolmente che l’ontologia precede la deontologia. Sanna, però, riesce a inoltrarsi con una sorprendente competenza in questo terreno divenuto ormai mobile (esemplare è la teologia del gender ammesso che esista e non sia anch’essa sfrangiata) e a confrontarlo con la più circoscritta (ma non rocciosamente apologetica) visione teologica cristiana.

Dando uno sguardo dall’alto alla mappa a cui accennavamo, facciamo emergere qualche percorso, a partire da un vero e proprio “viale”, quello dell’intelligenza artificiale, dalla quale nessuno ormai può sfuggire. L’autore dimostra di essersi inoltrato in questi sistemi e di aver approfondito la relativa analisi sociale ed etica: tra l’altro se si dà una scorsa alla bibliografia finale (60 pagine!) si intuisce l’enorme ma pertinente parco testuale che è stato da lui allestito. Necessario è, poi, il transito alle neuroscienze così da configurare progressivamente «l’utopia del transumanesimo». E ancora: l’immagine antropologica, in passato condivisa, si ancorava soprattutto alla bipolarità sessuale. Chi non ricorda il celebre motto della Genesi, «maschio e femmina (Dio) li creò»? E qui entrano in scena le questioni di genere con rimando, ad esempio, a Judith Butler e Judith Lorber e a tanti altri.

Ci si trova poi spontaneamente condotti verso un discorso più fondativo, quello del dialogo fede-ragione/fede-scienza con tutti gli scogli del caso, pur archiviando gli antipodi del fondamentalismo e del concordismo. Pensiamo solo al problema del male, ma anche alla sequenza teismo/post-teismo/ateismo/anateismo, quest’ultimo piuttosto inatteso (col filosofo irlandese Richard Kearney), come lo è l’ateismo religioso e devoto. A questo punto, non si può ignorare che l’uomo e la donna sono collocati nella casa comune che è il mondo, con la missione di «coltivare e custodire» la terra. Ecco, allora, l’altro percorso indispensabile, quello dell’ecologia e dell’ambientalismo dalle molteplici ramificazioni. Esso ha ricevuto un impulso con l’enciclica Laudato si’, piombata in un vuoto (o quasi) teologico e anche filosofico.

L’opera di Sanna ovviamente non si esime di abbozzare in finale una necessaria sintesi teologica cristiana, anche se il confronto con essa era in azione in ogni tappa precedente da noi evocata. E qui si giustifica il titolo Testimoni d’eterno nel tempo con evidente riferimento all’escatologia, un’istanza che – dopo gli sberleffi del passato – acquista sempre più interesse anche fuori del perimetro ecclesiale, nella consapevolezza che una religione della terra non escluda un sussulto verso l’oltre e l’altro.





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