Fed e Bce, tutti i rischi della doppia divergenza tra tassi e governance

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Cessione crediti fiscali

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di
Edoardo De Biasi

Mentre la Federal Reserve non ha abbassato il costo del denaro perché l’economia Usa sta correndo, l’Autorità di Francoforte deve proseguire con la politica espansiva e rafforza i controlli già severi sul credito

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In Italia è in corso un profondo risiko bancario destinato a gettare le basi per una nuova mappa del credito. Al centro dello scontro c’è il risparmio che il governo è chiamato a tutelare per un rilancio economico del Paese. Un peso fondamentale in questa disfida avranno, oltre al mercato, le varie authority (Bce, Banca d’Italia, Ivass Consob e Antitrust) che saranno chiamate a prendere posizione e a dirimere le questioni legali che stanno emergendo.
Un ruolo importante avrà certamente la Bce proprio quando la sua sorella maggiore, la Fed, è finita nel mirino sia del neopresidente Donald Trump che delle banche americane. Motivo? Negli Usa la parola d’ordine è deregulation per avere un sistema più flessibile alle esigenze dell’economia. Al di là delle enfatiche dichiarazioni del neopresidente la situazione dell’America si presenta complicata. La crescita rimane forte ma Trump è chiamato a risolvere alcune questioni centrali. Il debito pubblico, l’inflazione, il taglio dei costi pubblici e le politiche commerciali saranno sfide non di poco conto. 

La nuova epoca

Gli ottimisti sostengono che questa volta la prosperità potrebbe venire da una maggiore deregulation e da una frontiera non più fisica ma digitale. L’alleanza tra Trump e le grandi banche sta portando le big di Wall Street ad abbandonare la Net-Zero banking alliance che aveva tra i suoi grandi sostenitori anche i maggiori fondi Usa (a partire da BlackRock). La finanza americana sta poi cercando di avvicinare l’amministrazione muovendosi verso il mondo del bitcoin e delle criptovalute in opposizione all’authority statunitense che sta lavorando sul dollaro digitale. Ma scommettere sull’innovazione è destinato a mettere in crisi realtà consolidate che hanno sempre vigilato sulla tenuta del sistema America. Già nel suo primo mandato Trump aveva cercato più volte di ridurre l’indipendenza della Fed.
Questa volta il presidente Jerome Powell (che fra l’altro non ha tagliato i tassi) dovrà fare i conti anche con i giganti della finanza di Wall Street che vogliono trascinarlo in giudizio per i criteri troppo restrittivi. L’obiettivo è aumentare la trasparenza dei modelli usati e ridurre la volatilità dei requisiti di buffer di capitale. 




















































La scure di Musk

La Fed ha già annunciato di voler modificare gli stress test usati per misurare la resilienza di fronte agli scenari catastrofici. Le modifiche prospettate vanno incontro al settore del credito, che però le ha definite tardive e limitate. «I cambiamenti proposti da Powell sono un passo verso la trasparenza», ha detto Greg Baer, presidente di Bank Policy Institute, che rappresenta anche Jp Morgan, guidata da Jamie Dimon, Citigroup e Goldman Sachs. «Presenteremo lo stesso un’azione legale per preservare i nostri diritti insieme all’American Bankers Association e alla Us Chamber of Commerce».
Le tre associazioni non contestano gli stress test in sé, criticano i criteri imposti sul capitale bancario, considerati troppo onerosi. L’ultima versione proposta da Fed prevede un crollo del 40% dei prezzi degli immobili commerciali e del 36% di quelli delle case. Questi parametri fondano i criteri per calcolare il capitale che le banche devono mettere da parte per assorbire eventuali perdite e per fissare l’entità di buyback e dividendi.
Gli istituti americani temono poi un ulteriore assottigliamento degli utili in una fase in cui i tassi stanno scendendo. In caso di richieste troppo elevate dovranno sottrarre risorse destinate anche ad altri scopi. Come se non bastasse sulla materia è intervenuto anche Elon Musk. Il patron di Tesla ha ricevuto dal presidente il compito di tagliare i costi snellendo l’apparato. L’imprenditore ha così messo nel mirino la Fed, accusata di avere troppo personale (24 mila dipendenti). Va però aggiunto che la banca centrale non riceve fondi dal Congresso ma si finanzia soprattutto con gli interessi dei titoli di Stato acquistati. È interessante ricordare che il Federal Reserve Act del 1913 prevede che i nomi degli azionisti dell’authority siano segreti, la sede operativa a Washington mentre quella legale a Porto Rico. A sostegno della sua tesi, Musk sostiene che le grandi banche di Wall Street potrebbero nei prossimi 3-5 anni arrivare a tagliare fino a 200mila posti col diffondersi dell’impiego dell’intelligenza artificiale e il suo utilizzo soprattutto in compiti burocratici. Motivo in più per chiedere una riduzione delle spese Fed.

Chez nous

La Bce, invece, appartiene alle banche centrali dei paesi Ue che a loro volta sono principalmente controllate da istituti dei singoli Paesi. Inoltre, Francoforte impone il pagamento di contribuiti annuali agli enti creditizi controllati al fine di coprire i costi connessi alla vigilanza. La spinta verso la deregulation che regna negli Usa non sembra intaccare le sicurezze e la passività di Francoforte. L’authority ha stabilito che nel 2025 gli stress test riguarderanno 96 banche.
Nel dettaglio, l’esercizio riguarderà 51 tra le maggiori banche dell’Eurozona che rappresentano circa il 75% degli asset bancari dell’area come parte degli stress test coordinati dall’Eba, l’autorità di vigilanza europea. In parallelo la Bce condurrà direttamente esami su altre 45 banche medie dimensioni. Della lista Eba, presieduta da José Manuel Campa, fanno parte otto gruppi italiani: Monte dei Paschi di Siena, Banco Bpm, Bper, Cassa Centrale, Iccrea, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e UniCredit.
La Bce ha inoltre fornito i nomi del suo ulteriore campione che comprende Mediolanum, Popolare di Sondrio, Credito Emiliano e Fineco. L’esame simula dei momenti di crisi macroeconomica, in particolare uno scenario avverso con una caduta del Pil del 6,3% tra 2025 e 2027, ai quali le banche devono poter fare fronte con le proprie risorse.
La Bce ha fatto sapere che rafforzerà i controlli per verificare se gli istituti indicano una capacità di resistenza troppo ottimistica. Infine, verrà condotta un’analisi sulla gestione di rischio di controparte (Ccr) per accertare se sia in grado di gestire condizioni avverse. In un contesto che vede l’America disinteressata al tema di Basilea 3 e il Regno Unito rinviarne l’applicazione, ha senso chiedere requisiti di capitale così stringenti? L’asimmetria preoccupa molti.
Nessuno vuole mettere in dubbio l’indipendenza della Bce (giusto, per esempio, tagliare i tassi anche se in colpevole ritardo) ma questo crescente divario spinge per una revisione della disciplina bancaria in modo da conseguire una par condicio sia in termini di regole che di vigilanza.

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4 febbraio 2025

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