Omnibus: equilibrio tra semplificazione e certezza normativa

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A novembre 2024, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato una revisione simultanea di tre normative sulla reportistica di sostenibilità per aziende e istituti finanziari: (1) la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD); (2) la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) e (3) la Tassonomia UE.

Tale revisione, parte di un pacchetto normativo noto come “Omnibus“, si inserisce nel quadro della recente Bussola sulla Competitività (Competitiveness Compass), che pone la semplificazione normativa tra le priorità dell’UE. L’obiettivo dichiarato è ridurre il carico amministrativo per le imprese, con una diminuzione di almeno il 25% per le aziende e del 35% per le PMI.

Se da un lato la semplificazione può migliorare l’efficienza e ridurre gli oneri burocratici, dall’altro, esiste il rischio concreto di una deregolamentazione che potrebbe minare i progressi fatti finora in ambito di sostenibilità.

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La Commissione presenterà una prima proposta di Omnibus il 26 febbraio.

Omnibus: il rischio deregolamentazione

La revisione delle normative ESG, finora presentata come un intervento tecnico per facilitare il rispetto degli obblighi da parte delle imprese, potrebbe innescare un effetto più ampio di incertezza normativa. Aziende e investitori si stanno già adeguando ai requisiti vigenti e un’eventuale riapertura delle intere normative rischierebbe di compromettere la fiducia del quadro regolatorio, ostacolando gli investimenti necessari per la transizione sostenibile. Per evitare questo rischio, la Commissione europea dovrebbe intervenire a livello tecnico con azioni mirate che semplifichino l’attuazione delle normative esistenti, fornendo indicazioni chiare attraverso linee guida, Q&A, raccomandazioni settoriali, risolvendo eventuali incoerenze e problematiche di implementazione senza comprometterne i principi fondamentali.

Gli studi della Piattaforma UE per la Finanza Sostenibile dimostrano che le normative vigenti stanno già favorendo una maggiore trasparenza, migliorando la comparabilità delle prestazioni di sostenibilità, rafforzando la credibilità dei prodotti di investimento e garantendo una maggiore omogeneità nell’analisi dei rischi e delle opportunità di investimento. Questi strumenti stanno inoltre facilitando l’accesso delle imprese a una base più ampia e diversificata di investitori, favorendo un dialogo più efficace tra aziende e mercato. Modifiche radicali alle normative, in questa fase, rischierebbero di compromettere i progressi raggiunti, ritardando il riallineamento dei capitali agli obiettivi del Green Deal europeo.

Le posizioni del settore privato verso l’Omnibus

Il 4 febbraio 2025, oltre 160 investitori – che gestiscono un patrimonio di circa 6,6 trilioni di euro – hanno esortato la Commissione a preservare l’integrità e l’ambizione del quadro normativo sulla finanza sostenibile, evitando modifiche che possano generare ulteriore incertezza per il mercato. Tra i firmatari figurano anche numerosi enti finanziari italiani.

Già l’8 gennaio 2025, una coalizione di alcune delle più grandi imprese francesi, tra cui Amundi, L’Oreal e Carrefour, aveva inviato una lettera ai legislatori europei per sottolineare l’importanza di mantenere solidi standard ESG, essenziali per la stabilità economica e la fiducia degli investitori.

A questa iniziativa si è aggiunto, il 17 gennaio 2025, un ulteriore appello da parte di un gruppo di multinazionali e associazioni di categoria, tra cui Ferrero, Nestlé, Primark e Unilever. In una lettera indirizzata ai principali Commissari UE, hanno chiesto certezza normativa e scongiurato il rischio che testi legislativi già concordati e adottati, vengano riaperti per negoziazioni, minando la stabilità del quadro regolatorio.

L’Italia e la coerenza della regolamentazione

L’Italia ha confermato il proprio sostegno alla finanza sostenibile, recependo la CSRD nel diritto nazionale con il Decreto Legislativo 125/2024, che prevede un’implementazione graduale a partire dal 2025. Inoltre, il Governo italiano ha sostenuto la Tassonomia UE e ha votato a favore della CSDDD, dimostrando un impegno chiaro verso una regolamentazione stabile.

In questo contesto, è cruciale che l’Italia continui a promuovere un quadro normativo chiaro e prevedibile, capace di garantire al contempo la competitività delle imprese italiane ed europee nel contesto globale della transizione. L’allineamento tra le politiche di sostenibilità e gli obiettivi di competitività rappresenta un segnale positivo, ma non deve tradursi in un indebolimento delle regole già in vigore. Iniziative come il Clean Industrial Deal – in arrivo anch’esso il 26 febbraio – sono essenziali per rafforzare la competitività dell’industria europea e la sua resilienza economica. Di nuovo, il loro successo dipende dalla certezza normativa e dalla coerenza delle regole. La priorità, quindi, deve essere garantire stabilità e chiarezza per il settore privato, evitando incertezze in una fase cruciale di implementazione delle normative ESG. Senza un settore privato ben orientato e sostenuto, colmare il divario di investimenti necessari per la transizione sarà pressoché impossibile.

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