io c’ero! – VINODABERE – Esperienze nel mondo del vino, della gastronomia e della ristorazione

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Eravamo quattro amici al bar. O meglio, di amici ce n’era qualcuno in più ed il bar era in realtà la Trattoria Il Leccio a Sant’Angelo in Colle (SI). L’occasione, unica nel suo genere, è arrivata alla fine della consueta kermesse di Benvenuto Brunello, con gli assaggi segnalati al link Benvenuto Brunello 2024 – Le nostre sensazioni sull’annata 2020 e sulla Riserva 2019.

Presenti, assieme al sottoscritto, il direttore di Vinodabere Maurizio Valeriani ed i colleghi di penna Franco Santini, Riccardo Margheri, Paolo Valente, Francesca Granelli e Raffaele Mosca. Capotavola un personaggio illustre dell’areale, Carlo Lisini, che ne ha contribuito a scrivere pagine di deliziosa storia. Proveniente da tutt’altro settore, da esperto ingegnere elettronico, si è ritrovato nei casi della vita a seguire il fratello nella gestione dell’azienda di famiglia, insieme alla cugina Ludovica. Un discorso ricco di passione, a tratti commovente e dal lieto finale per l’entrata in organico della figlia Francesca. Delle intense vicende dei nobili Lisini-Clementi a partire dal XVI secolo e dell’amore per queste terre e la coltivazione di olivo e vite rimandiamo all’esaustive notizie contenute nel sito www.lisini.com.

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Non vogliamo togliere spazio alla degustazione di alcuni esemplari senza età dei prodotti scelti nell’archivio storico della cantina. Un autentico tempio del Brunello di Montalcino (e non solo), con annate che partono da metà ‘900 (alcuni Vin Santo in bottiglie variopinte anche da prima) ed etichette celebrative ormai irripetibili, come il Prefillossero – Vino da Tavola Rosso – dedicato ad una vecchia vigna di Sangiovese Grosso impiantata oltre 100 anni fa ed ora non più produttiva.

In mezzo a tanta bellezza, i nostri occhi si sono fermati a 3 campioni di razza da 3 annate profondamente differenti, l’ultimo di essi dalla straordinaria vivacità ancora palpabile. Tre percorsi in scala per raccontare cosa significhi far vino in queste terre, dove si produceva alle origini – e ancor oggi viene realizzato – il Moscadello leggermente rifermentato, dolce e gradevole, ma di certo non memorabile.

Il mondo intero conosce Montalcino per la valorizzazione del Sangiovese toscano, duttile negli abbinamenti con i piatti della tradizione, con quella grinta e carattere inconfondibile, via via smussato nel tempo grazie a clima e tecniche differenti. Mutatis mutandis l’ordine delle cose però non cambia: lo stile arcigno e serbevole degli inizi ha lasciato campo all’opulenza ammiccante il mercato anglosassone, per tornare adesso a levità ed agrumi tipici del varietale.

Corsi e ricorsi storici avrebbe affermato Giambattista Vico; fatto sta che al netto delle modifiche nell’approccio il risultato è identico. Sono vini godibili appieno dall’ingresso in commercio sino a lustri dopo riposo in vetro. Ad ognuno la scelta in base alle occasioni ed inclinazioni personali. E adesso possiamo dirlo con una voluta, quanto emendabile licenza poetica: io c’ero!

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Brunello di Montalcino 2019 – in linea con quanto scritto, un decennio addietro avrebbe meritato ulteriore sosta per essere apprezzato nella sua forma migliore. Oggi invece degustiamo un vino performante nel succo di ciliegia identitario, con allunghi verso le consuete speziature da gioventù ed accenni balsamici e iodati sul finale. Una pappardella al ragù di cinghiale eseguita da manuale è l’accoppiamento vincente, ma basterebbero anche due semplici chiacchiere tra amici.

Brunello di Montalcino 2006 – emerge un quadro d’eleganza assoluta, ancora vivido e intenso tra nuance da piccoli frutti di bosco e polvere di cacao. In mezzo tanta golosità da succo d’amarene sotto spirito, erbe officinali e sensazioni di sigaro sbriciolato e caramello. Grandioso.

Brunello di Montalcino Riserva 1986 – la prova dell’esistenza del metafisico: un diamante di sapori e colori, in perfetta coerenza sotto ogni punto di vista. Nulla di stanco, neppure leggermente affaticato. Solo freschezza da arancia sanguinella e tamarindo con corredo d’eucalipto e spinta tannica saporita, che richiama la salsedine. Vacilla persino la memoria di ciò che accadeva in quel millesimo, ma poco importa: io c’ero! Carlo Lisini e gli amici pure e… tutto il resto diventa noia.



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