Gas ed energia elettrica: nel 2024 un aumento di oltre il 50%

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A Roma un convegno sui rincari organizzato dalla Fondazione Think Tank Nordest e A.R.T.E.: “Tra 2021 e 2024, applicando i prezzi dell’energia elettrica della Spagna, le nostre imprese avrebbero risparmiato 50 miliardi di euro”. I rincari dei beni energetici fanno salire l’inflazione anche a gennaio 2025

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Il mese di dicembre che ci siamo lasciati alle spalle ha chiuso i battenti con un prezzo medio del gas che ha sfiorato i 50 euro per megawattora, contro un valore che ha oscillato, a lungo, attorno ai 30 euro nei primi mesi del 2024. Tanto che l’aumento, nel corso dell’ultimo anno, è stato del +58%. È quanto si evince da un apposito studio della Fondazione Think Tank Nordest, che a Roma, le scorse settimane, ha presentato un report ad hoc per un incontro organizzato da A.R.T.E., Associazione di Reseller e Trader dell’Energia, su iniziativa della Commissione Bicamerale Questioni Regionali.

Lungo tutto l’arco dell’anno scorso, il prezzo dell’energia elettrica nel nostro Paese è sempre rimasto superiore a quello di Spagna, Francia e Germania.

Secondo lo studio, infatti, le imprese italiane hanno subito pesantemente questo gap, dovendo sostenere costi energetici maggiori e mettendo quindi a rischio la propria competitività a livello internazionale. Infatti, a parità di consumi, se le nostre aziende avessero potuto pagare l’energia elettrica al prezzo della Spagna, avrebbero speso 51 miliardi di euro in meno tra 2021 e 2024. Ma anche applicando i valori monetari di Germania e Francia avrebbero risparmiato: 34 miliardi di euro con riferimento al caso tedesco e 27 miliardi di euro rispetto a quello francese.

È sempre più fondamentale, quindi, il contributo delle fonti rinnovabili, che devono crescere ancora per poter ridurre il contributo del gas nel meccanismo di formazione del prezzo dell’energia elettrica. Ma per consentire alle rinnovabili di fare la differenza anche nel nostro Paese, sono necessari importanti investimenti, a partire dai sistemi di accumulo e dalla rete di distribuzione. Il 2024 sarà comunque un anno record per le rinnovabili, che soprattutto durante i mesi estivi hanno prodotto più del 50% del fabbisogno di energia elettrica e hanno chiuso il 2024 con una quota di circa il 42% sul totale della produzione, in forte crescita rispetto al 37% del 2023 e al 31% del 2022.

Già lo scorso mese di ottobre il Presidente di Confapi Venezia, Marco Zecchinel, aveva pubblicamente segnalato, ai media, come «il costo della corrente elettrica in Italia sia tra i più alti in Europa: un’azienda del nostro Paese paga il 75% in più di quanto non la paghi un’azienda francese, il 45% in più di un concorrente tedesco e il 35% di una spagnola. È sempre più necessario – sono le parole di Marco Zecchinel – un piano di ripensamento energetico che includa anche il nucleare e un gioco di squadra per evitare che le aziende siano costrette a delocalizzare, andando a produrre all’estero».

Il convegno nella Capitale, da titolo “Il Peso dell’Energia, come ridurre il gap di prezzi tra Italia e Europa”, ha offerto per l’occasione molteplici spunti di riflessione.

«Oggi – ha commentato Antonio Ferrarelli, presidente Fondazione Think Tank Nord Est – l’economia del nostro Paese sta pericolosamente rallentando. Per tornare a crescere a ritmi sostenuti dobbiamo ridurre il costo dell’energia, che rappresenta un freno agli investimenti delle nostre imprese, ad esempio sul fronte delle nuove tecnologie e del capitale umano. Infatti, il differenziale di prezzo dell’energia rispetto agli altri Paesi europei riduce la competitività di tutto il sistema Paese, anche per quanto riguarda i contratti di lavoro. Dobbiamo quindi proseguire con convinzione sulla strada delle rinnovabili, ma al tempo stesso valutare soluzioni di lungo periodo, anche in sede europea, in riferimento al meccanismo di formazione dei prezzi ed ai mercati di approvvigionamento. Si tratta altresì di compiere un salto culturale, rimuovendo tutti gli ostacoli tecnologici e burocratici che oggi frenano lo sviluppo delle energie rinnovabili, sia a livello centrale che a quello locale».

«Stiamo vivendo – ha detto invece Marco Ferraresi, Presidente di A.R.T.E. – una fase delicata che richiede scelte strategiche importanti con una visione di lungo raggio. Lo sforzo richiesto sarà quello di immaginare soluzioni per l’immediato futuro, atterrando il prima possibile nelle tanto attese alternative di approvvigionamento, evitando errori che comprometterebbero la sopravvivenza del tessuto imprenditoriale nostrano».

Prezzi al consumo: la stima dell’Istat per gennaio 2025

Secondo l’Istat, nel mese di gennaio 2025 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta di 0,6 su dicembre e dell’1,5% su gennaio 2024, dal +1,3% del mese precedente. È la variazione più sostenuta da ottobre 2022. L’accelerazione tendenziale è prevalentemente dovuta all’aumento dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da +12,7% a +27,8%), all’attenuarsi della flessione di quelli dei Beni energetici non regolamentati (da -4,2% a -3,0%) e, in misura minore, all’aumento del ritmo di crescita dei prezzi dei Beni alimentari lavorati (da +1,7% a +2,0%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dalla decelerazione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,6% a +2,5%) e di quelli dei Servizi relativi alle comunicazioni (da +1,2% a +0,9%).

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Nel mese di gennaio l’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile (a +1,8%), mentre quella al netto dei soli beni energetici sale lievemente (da +1,7% a +1,8%).

La dinamica tendenziale dei prezzi dei beni evidenzia un’accelerazione (da +0,2% a +0,7%), mentre quella dei servizi rimane stabile (a +2,6%). Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si riduce, portandosi a +1,9 punti percentuali (dai +2,4 di dicembre 2024). Il tasso tendenziale di variazione dei prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona mostra un leggero incremento (da +1,7% a +1,8%), come anche quello dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +1,7% a +2,1%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente ai prezzi degli Energetici regolamentati (+14,5%) e non regolamentati (+2,6%), degli Alimentari lavorati (+1,2%) e non lavorati (+0,9%) e dei Beni durevoli (+0,5%); gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-2,3%).

L’inflazione acquisita per il 2025 è pari a +0,9% per l’indice generale e a +0,5% per la componente di fondo.



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