Illustrato in un convegno alla Fondazione Einaudi alla presenza del Guardasigilli, il documento redatto dal professor Giovanni Guzzetta elenca i motivi per cui il progresso tecnologico non deve far paura. Anzi, deve essere uno scudo in più a difesa dei diritti fondamentali
05/02/2025
“L’intelligenza artificiale segna un cambio epocale nella storia dell’umanità”. Non usa mezzi termini il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in videocollegamento al convegno organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, durante cui è stato presentato il rapporto del professor Giovanni Guzzetta “Le sfide dell’intelligenza artificiale – Ildiritto di fronte all’innovazione, l’innovazione come diritto”. È un tema centrale quello del rapporto tra legge e progresso. D’altronde, spiega il ministro Nordio, “questa rivoluzione può essere paragonata ai caratteri mobili di Gutenberg, che non poteva immaginare le enormi conseguenze politiche, culturali e religiose della sua invenzione”. Allo stesso modo, dobbiamo guarda alla tecnologia con estremo ottimismo perché, aggiunge, “il ruolo dell’uomo, la sua capacità senziente e di ragionare in modo articolato non potranno mai essere sostituite da nessun sistema automatico, per quanto evoluto”.
C’è un tema su cui quando si parla del legame tra IA e diritto è impossibile sorvolare. Lo sviluppo è auspicabile fin quando non vengono lesi i diritti fondamentali della persona. Dimostrazione pratica è l’AI Act dell’Unione europea, che si pone proprio l’obiettivo di calibrare il progresso tecnologico senza che possa comportare dei rischi per gli utenti. Secondo il professor Guzzetta, “un nuovo paradigma è necessario nella prospettiva dei diritti fondamentali”. Gli strumenti tech non devono solamente servire all’economia nazionale ma “anche a rendere concretamente effettivi diritti imputati ai singoli in quanto tali”. Insomma, difenderli e ampliarli.
Lo sottolinea anche il ministro Nordio nel suo intervento quando, parlando del report, sostiene che questo “esprime la necessità di un bilanciamento, perché l’IA non è solo una soluzione tecnologica o un’opportunità economica ma anche un mezzo per ampliare i diritti fondamentali delle persone”. L’impatto della tecnologia sarà trasversale, “per questo il professor Guzzetta suggerisce di introdurre nuove competenze nelle Autorità di regolamentazione, per poter attuare nella pratica un bilanciamento tra diritti e le opportunità sociali ed economiche che sono offerte dalla tecnologia”.
Importante però, evidenzia Guzzetta nel suo studio, che “le decisioni regolatorie siano affidate a un approccio pragmatico, case-oriented, nell’ambito di una governance delle autorità regolatorie, coordinate sul piano interstatuale, dotate di strumenti istruttori adeguati alla necessità di far emergere nell’ambito di procedimenti partecipatori sufficientemente garantiti tutti i profili tecnico-giuridici rilevanti per la soluzione delle singole questioni”.
In seguito al G7 di Venezia che Nordio ha presieduto, è stato istituito il Venice Group sull’IA: un alcuni esperti mondiali si sono messi insieme per delineare delle direttive e dei consigli utili affinché si possa navigare nel progresso senza paura. “Con l’IA si possono creare sentenze, poesie, manipolare dati sensibili”, aggiunge il Guardasigilli. “Ci sono delle opportunità molto positive e criticità molto pericolose”. Un esempio, a chiusura di intervento: “La pietra nelle mani di Michelangelo può fare la Pietà, nelle mani di Caino può uccidere Abele. A secondo dell’uso che l’uomo fa dello strumento, può essere un’opportunità o un grande pericolo”.
Sicuramente, l’aspetto più delicato quando si parla di innovazione e diritto è quello legato all’utilizzo dei dati per cui, scrive il professor Guzzetta, l’European Data Protection Board “ha riconosciuto la centralità di di un approccio case-by-case, proprio al fine di assicurare un adeguato bilanciamento, tra i differenti interessi in gioco, escludendo pertanto che le singole questioni sottoposte all’esame delle autorità periferiche di garanzia debbano essere necessariamente risolte applicando i principi della disciplina sulla protezione dei dati personali e sull’obbligo di conseguire sempre il consenso dell’interessato relativamente al relativo trattamento”.
Secondo molti, il diritto fatica a stare dietro al progresso, troppo più repentino. Non per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica, Alessio Butti, certo del contrario: “Non è vero che l’innovazione corre più veloce del diritto”. Questo, per natura, “non è qualcosa di statico ma qualcosa che deve accompagnare l’evoluzione sociale facendo gli interessi di chi fa business e gli interessi del consumer”. Pertanto, con il diritto “definiamo il perimetro della sicurezza. Se il diritto all’innovazione contiene anche la promozione dei diritti fondamentali, abbiamo fatto bingo”.
Bisogna però riassestarsi, in primis in Europa. “Ci sono i codici di condotta dell’AI Act che preoccupano alcuni over the top e non possiamo permettere che siano più restrittivi dell’AI Act stesso altrimenti sarebbe una contraddizione, dopo tutto il lavoro di anni sul testo del regolamento”. L’Ue, è il sollecito di Butti, “dovrebbe cogliere l’opportunità di una sfida anche a livello geopolitico”, senza “irrigidimenti su quanta competenza hanno gli Stati sovrani”. Questo poiché “l’IA costa meno di quanto ci ha fatto credere la bolla che arriva dall’esterno. Questa è la sfida geopolitica”.
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