Mild, full e plug-in hybrid. I sistemi di propulsione ibridi delle vetture sono sempre piĆ¹ diversificati ed evoluti. Una mappa per capire cosa sono e come funzionano
Non cāĆØ piĆ¹ lāibrido di una volta. Bei tempi, quelli in cui bastava poco per fare la figura del grande esperto parlando con gli amici di auto a doppia propulsione, termica ed elettrica. Di tipi, in fondo, ce nāerano soltanto tre: mild, full e plug-in. Le mild, auto ibride per modo di dire: sƬ, un motore elettrico ce lāhanno, ma non ĆØ collegato alle ruote e la batteria ha una capacitĆ molto ridotta: in pratica, serve a dare un āaiutinoā al motore a benzina o gasolio, riducendo un poā consumi ed emissioni, senza che lāauto possa muoversi in modalitĆ solo elettrica. Quelle full, invece, il motore a elettroni lāhanno in vari modi inserito nella catena di trasmissione: la batteria, ricaricata come nelle mild dallāenergia recuperata in fase di rallentamento, ha una capacitĆ maggiore. CosƬ lāauto puĆ² percorrere come se fosse elettrica brevi tratti di strada, che diventano piĆ¹ lunghi nel traffico cittadino, dove i cicli di carica e scarica sono frequenti. Quanto alle plug-in, ĆØ il nome stesso a far capire come la batteria debba essere collegata alla corrente per ricaricarsi: essendo molto piĆ¹ capiente, permette alla componente elettrica del sistema di far percorrere allāauto in autonomia parecchi chilometri, da una quarantina al centinaio.
ibrido nell’ibrido
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Tutto chiaro e ben distinto. E, invece, non si fa in tempo ad assimilare questi concetti che i costruttori iniziano a mischiare le carte, tanto da confonderci le idee. Ć il progresso, bellezza, ma che fatica. Per prima cosa, si ĆØ iniziato a fare distinzione tra ibrido full in serie e in parallelo. Nel primo, sia il motore termico sia quello elettrico sono in grado di muovere lāauto; nel secondo, la trazione ĆØ fornita solo dal motore elettrico, mentre quello termico funge solo da generatore per caricare la batteria. Esempi? Lāe-Power delle Nissan Qashqai e X-Trail. Prevede che il tre cilindri turbo a benzina non agisca mai sulle ruote e che la vettura sia spinta solo dal propulsore a elettroni (due, nella versione 4×4). Ma ci sono anche sistemi misti, come quello Honda (adottato per Jazz, Civic, HR-V e CR-V), in cui la marcia avviene āquasi sempreā in modalitĆ elettrica, perchĆ© il quattro cilindri a combustione, che di solito ricarica la batteria, in autostrada si aggancia alle ruote (attraverso unāapposita frizione) e provvede lui alla spinta. E pure la Toyota, che lāibrido lāha inventato nel 1997 con la prima generazione della Prius, confonde le acque con il suo piĆ¹ recente sistema, utilizzando uno schema con due motori/generatori elettrici e un ingranaggio che distribuisce i compiti con il motore termico, a seconda delle situazioni.Ā
quale mild
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Insomma, delle granitiche certezze iniziali ne rimaneva solo una: con le mild hybrid, in elettrico puro non si va mai. Ć durata poco, perĆ². A sgretolare lāultimo baluardo ĆØ stata Stellantis, con uno schema introdotto sullāAlfa Romeo Tonale e poi adottato su vasta scala per altri modelli del gruppo (da Fiat a Jeep). In linea teorica si tratta sempre di un mild hybrid, perchĆ© la batteria (agli ioni di litio) ha una capacitĆ modesta, perĆ² il motore elettrico ĆØ collocato allāinterno del cambio (a doppia frizione). Questo fa sƬ che, oltre a dare una mano a quello termico, sia in grado di muovere lāauto da solo in partenza e per brevi tratti, fino a una velocitĆ di 30 km/h. Proprio come unāibrida full. Nasce cosƬ una nuova ārazzaā di auto a doppia propulsione, difficile da incasellare (anche se Stellantis continua a considerarlo uno schema mild). Il sistema ha una sua validitĆ , se anche lāAudi – ed ĆØ storia degli ultimi giorni – ne propone una sua interpretazione, battezzata Mhev Plus, che siamo andati a studiare da vicino a Ingolstadt. Qui un motore elettrico ĆØ collocato allāuscita del cambio ed ĆØ associato a una frizione che lo accoppia o disaccoppia dalla trasmissione: in questo modo puĆ² aiutare il motore termico negli spunti o far marciare la vettura in modalitĆ solo elettrica. Compatta ma abbastanza potente (24 Cv e 230 Nm di coppia), questa unitĆ ĆØ in grado di recuperare fino a 25 kW di energia nelle fasi di rallentamento, che indirizza a una batteria da 1,7 kWh. Chi guida non si accorge del suo intervento, ma il sistema permette di risparmiare fino a 17 g/km di CO2 e fino a 0,74 litri per 100 km di benzina. Valori che possono sembrare unāinezia, ma che hanno una loro importanza nella battaglia odierna per rientrare nei limiti di emissioni previsti dalla normativa europea ed evitare dāincorrere nelle maximulte previste dalla Ue. Lo schema funziona sia in associazione con motori a benzina, sia con quelli diesel, particolare questāultimo importante, visto che Audi non intende, almeno per ora, rinunciare ai suoi efficienti Tdi. Ad adottarlo, al momento, sono le nuove versioni dellāA5 e Q5, realizzate sulla piattaforma Ppc, ma ĆØ solo lāinizio perchĆ© la casa tedesca, anche se crede fortemente nellāibrido plug-in come soluzione ponte verso un futuro solo elettrico, prevede di lanciare entro questāanno sei nuovi modelli Mhev.
dubbi
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Che cosa ci insegna tutta questa vicenda? Che la tecnologia non si ferma, che la ricerca – stimolata dalle normative che impongono la riduzione delle emissioni – prosegue senza sosta, che soluzioni sempre nuove si affacciano sul mercato. Ma anche che capire le novitĆ ĆØ sempre piĆ¹ difficile, che il consumatore rischia di essere disorientato e che quello che oggi ci sembra essere lāultimo ritrovato, giĆ domani potrĆ essere superato. E chi deve comprare unāauto nuova, spesso nel dubbio resta fermo. Sono i numeri del mercato a dimostrarlo.
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