L’Agenzia chiarisce che le importazioni di detti beni possono beneficiare del regime di esenzione previsto dall’art. 72 della direttiva 2009/132/Ce, pur in assenza di una formale norma di recepimento.
Il caso di specie è, genericamente, riferito agli scambi, intercorrenti tra una società italiana e una svizzera, di manufatti da sottoporre ad analisi, prove e test distruttivi.
La questione d’interesse però è da intendersi, ragionevolmente, riferita alle sole importazioni poiché, a prescindere dalla natura dei beni ceduti, per le esportazioni vige il regime di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 del DPR 633/72 (al rispetto delle condizioni ivi contemplate).
La società italiana istante dunque s’interroga rispetto alla possibilità di fruire del regime di esenzione IVA di cui all’art. 72 della direttiva 2009/132/Ce per i beni oggetto di importazione e destinati a essere sottoposti a esami, analisi e/o a test di vario genere.
Ricostruendo il quadro normativo, si osserva che la menzionata direttiva ha abrogato la precedente direttiva 83/181/Cee, avente il medesimo campo di applicazione, e nel disporne l’abrogazione ha specificato, nell’art. 96, che “i riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva” (secondo una precisa tavola di concordanza allegata).
Deve, dunque, farsi riferimento agli artt. da 70 a 76 della direttiva abrogata, ossia quelli corrispondenti agli attuali articoli da 72 a 78 della direttiva 2009/132/Ce.
L’art. 70 della direttiva abrogata stabiliva che “sono ammessi in esenzione i beni destinati ad essere sottoposti ad esami, analisi o prove per determinare la composizione, la qualità o le altre caratteristiche tecniche, o a scopo d’informazione o per ricerche di carattere industriale o commerciale”.
L’art. 72 della direttiva 2009/132/Ce ne replica, in maniera quasi pedissequa, il contenuto, confermando il medesimo ambito applicativo del regime di esenzione IVA all’importazione.
Nell’analisi della fattispecie, ciò che è dirimente, secondo la risposta dell’Agenzia delle Entrate, è la circostanza che le disposizioni della direttiva abrogata sono state oggetto di recepimento da parte del DM 5 dicembre 1997 n. 489.
La sostanziale continuità delle disposizioni comunitarie con quelle attualmente vigenti induce l’Agenzia a ritenere che si possa ancora fare affidamento, “per analogia sostanziale e per quanto compatibili”, alle disposizioni contenute nel citato DM n. 489/97.
A tal proposito, sono anche richiamati i principi della giurisprudenza comunitaria, in tema di efficacia verticale delle direttive comunitarie non attuate, secondo la quale uno Stato membro “che non abbia adottato entro i termini i provvedimenti di attuazione imposti dalla direttiva non può opporre ai singoli l’inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa. Pertanto, in tutti i casi in cui delle disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono venire invocate, in mancanza di provvedimenti d’attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione nazionale non conforme alla direttiva, ovvero in quanto sono atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato’’ (Corte di Giustizia 12 luglio 1990, causa C-188/89).
In definitiva, l’Amministrazione finanziaria conclude che, pur in assenza nell’ordinamento italiano di una puntuale norma di recepimento della direttiva 2009/132/Ce (si veda anche la risposta a interpello n. 410/2022), le importazioni di beni destinati a esami, analisi o prove beneficiano del regime di esenzione IVA, in sostanziale continuità con quanto stabilito dagli artt. 1 e 2 del DM n. 489/97.
Ne consegue che l’applicazione del regime di esenzione resta subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla direttiva 2009/132/Ce, ossia in particolare:
– i beni sottoposti ad esami, analisi o prove devono essere interamente consumati o distrutti nel corso di dette operazioni (art. 73);
– sono esclusi i beni che servono a esami, analisi o prove che costituiscono di per sé operazioni di promozione commerciale (art. 74);
– l’esenzione è accordata solo per le quantità di beni strettamente necessarie al conseguimento dello scopo per il quale sono importate (art. 75);
– gli eventuali prodotti residui devono essere interamente distrutti o resi privi di valore commerciale, essere ceduti gratuitamente al Fisco (ove previsto dalla normativa nazionale) oppure, in circostanze debitamente giustificate, essere esportati (art. 76).
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