Vertenza Beko, Urso chiede una pausa di tre anni prima di lasciare Siena

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Una pausa, quasi una moratoria, “un arco temporale di almeno 3 anni, durante il quale Beko dovrà garantire a Siena lavoro e attività produttiva”, in attesa di un nuovo investitore. E’ la proposta lanciata da Adolfo Urso, ministro per le Imprese e il Made in Italy, al tavolo di Roma sulla vertenza nazionale. In generale, “il rilancio produttivo dell’azienda – ha detto – deve avvenire senza traumi sociali come già accaduto con successo su altre vertenze critiche. Chiediamo a Beko di farsi carico con noi della transizione, individuando con i sindacati e il ministero del Lavoro gli strumenti più adeguati per garantire tutti gli occupati”.

Nel caso specifico della fabbrica di viale Toselli, ha precisato Urso, “con la Regione Toscana e il Comune di Siena ci impegniamo a definire una soluzione per lo stabilimento della città, puntando a creare le migliori condizioni per il subentro di un nuovo investitore dopo dicembre 2027”. Da qui l’idea, avanzata dal Comune di Siena, di un acquisto dello stabilimento senese della Beko da parte degli enti del territorio. “Un’operazione che richiede tempo – sostiene il sindaco Nicoletta Fabio – e che ha come obiettivo quello di poter avviare una reindustrializzazione del sito, che garantisca l’occupazione e la sua destinazione produttiva”.

“Lavoro di squadra per risolvere la questione affitto”

Riferendosi direttamente alla fabbrica di Siena, il ministro ha sottolineato che “il canone di affitto applicato dalla società proprietaria dell’immobile è molto al di sopra dei valori medi di mercato, anomalia che a suo giudizio “deriva da operazioni poco comprensibili tra l’allora proprietà e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena: un lascito del passato che pregiudica il futuro”. Dunque, per Urso, “è necessario rimuovere subito questo ostacolo. Credo che sia possibile farlo nell’ambito di un lavoro di squadra con Regione e Comune che deve iniziare subito. Questa è la precondizione sulla quale costruire il rilancio produttivo dello stabilimento e le necessarie garanzie occupazionali. Con questo obiettivo, chiediamo a Beko che nel suo piano industriale vi siano garanzie che consentano alle parti interessate tutto il tempo necessario per gestire e portare a risoluzione il problema”.

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Giani: “Bene Urso, lavoriamo per il rilancio”

“Da parte nostra auspichiamo anche che la scelta dell’azienda di disimpegnarsi, in prospettiva, su Siena, possa essere modificata al tavolo della trattativa”, ha commentato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. “Come Regione – ha aggiunto – siamo pronti a fare la nostra parte, e in questo senso accogliamo positivamente l’impegno del ministro a supportare gli investimenti e a porre il tema dell’acquisizione dell’immobile di Siena, garantendone la destinazione industriale. Dobbiamo fare tutto il possibile perché questa azienda possa essere rilanciata e per salvaguardare il lavoro ai 300 dipendenti dello stabilimento senese”.

Il consigliere del presidente per le crisi aziendali, Valerio Fabiani, ha confermato al tavolo “la disponibilità ad accompagnare questo percorso attraverso il piano straordinario per la formazione dei dipendenti che la Regione ha messo in campo, d’intesa con i sindacati, e che può arrivare fino a tremila euro a lavoratore o lavoratrice coinvolti. Inoltre ci siamo messi al lavoro sul tema dell’immobile anche interagendo con la proprietà, consapevoli che è uno dei problemi del nostro sito. A questo punto occorre che l’azienda faccia la sua parte e che nel nuovo piano industriale non si parli più di dismissioni, ma di una nuova prospettiva industriale e occupazionale”.

Per l’Italia si discute un piano da 300 milioni

A Beko, che aveva presentato un piano improntato a una parziale ritirata dall’Italia, il ministro chiede “un nuovo piano industriale con almeno 300 milioni di investimenti, un vero piano Italia per fare di Beko un orgoglio del Made in Italy. Risorse necessarie per recuperare il divario di competitività, con investimenti nell’innovazione tecnologica dei prodotti e per modernizzare gli impianti presenti sul territorio nazionale, salvaguardando tutte le attività produttive”. Di fronte a un simile impegno, il Mimit è pronto a mettere in campo “gli strumenti del ministero e di Invitalia, come gli accordi di innovazione, i contratti di sviluppo o il Piano Transizione 5.0 per l’efficientamento energetico”.

All’incontro Beko ha riconfermato, aggiornandolo, il piano già presentato il 20 novembre: e sta valutando l’investimento di circa 300 milioni di euro chiesto da Urso con un terzo delle risorse destinate alla ricerca e sviluppo, in funzione di ulteriori discussioni e della stabilità delle proprie attività in Italia. L’azienda in un comunicato ribadisce “il proprio impegno a continuare le interlocuzioni con governo, parti sociali e istituzioni locali nello spirito di miglior collaborazione possibile” per individuare “soluzioni concrete che rendano la produzione e le attività che resteranno in Italia ed in Europa sostenibili nel lungo periodo”.

Presidio di 500 lavoratori (e Schlein) a Roma

Per Fim, Fiom, Uilm e Uglm “la disponibilità di Beko a iniziare un confronto su un nuovo piano industriale, senza aprire la paventata procedura di chiusura e di licenziamento, costituisce il presupposto minimo per iniziare una trattativa. Tuttavia le disponibilità aziendali sono ancora estremamente generiche”. I sindacati hanno sottolineato che “governo e istituzioni locali hanno offerto il loro sostegno a supportare gli investimenti e a acquistare l’immobile di Siena, garantendone la destinazione industriale. Rivendichiamo che tutte queste prese di posizione si traducano in proposte concrete già nel prossimo incontro previsto per il 10 febbraio”.

L’incontro si è svolto a Palazzo Piacentini mentre all’esterno un presidio di 500 lavoratori di Beko, giunti a Roma da tutti i siti italiani del gruppo in sciopero per otto ore (proclamato da Fiom, Fim e Uilm), chiedeva il ritiro del piano dell’azienda. Al presidio ha partecipato anche la segretaria del Pd, Elly Schlein: “Vogliamo un piano industriale serio – ha detto – e il ritiro di questi licenziamenti e della data di scadenza perché questi lavoratori, mi dicevano, non sono come lo yogurt, non hanno data di scadenza”.





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