Lo Ius soli «è parte della nostra identità. Il pericolo è immenso»

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«Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati uniti e sottoposte alla relativa giurisdizione sono cittadine degli Stati uniti e dello Stato in cui risiedono». È l’incipit del 14esimo emendamento, da sempre inteso come il passaggio che sancisce lo ius soli negli Usa. Attaccato da Donald Trump con un ordine esecutivo che intende privare della cittadinanza i figli di migranti «illegali». Ne abbiamo parlato con Raquel E. Aldana, docente di legge della University of California Davis, ed esperta di diritto dell’immigrazione.

L’amministrazione Trump ha sinora emanato una decina di ordini esecutivi sull’immigrazione. Qual è il suo giudizio generale su di essi?
Credo che il loro tono generale sia una dichiarazione di guerra ai migranti. Si evoca spesso un’invasione, si parla di criminalità. E non solo relativamente ai crimini commessi da persone migranti, ma anche a proposito di giurisdizioni Usa, come quelle delle città santuario. È un’autorizzazione all’esercito per prendere parte all’applicazione dei provvedimenti sull’immigrazione. Si toglie la protezione a quelle che Biden aveva designato aree sensibili e protette come scuole, ospedali, tribunali. E si abolisce il giusto processo, istituendo all’interno degli Stati uniti la procedura dell’expedited removal (deportazione rapida), che tradizionalmente veniva applicata solo al confine o nelle sue vicinanze: consente ai funzionari dell’immigrazione di deportare le persone senza un’udienza. Vengono inoltre revocati tutti i percorsi esistenti per la legalizzazione. Già durante l’amministrazione Biden il confine era stato reso quasi impenetrabile ai richiedenti asilo, ma ora è completamente chiuso perché per Trump il Messico deve accettare la politica Remain in Mexico, oppure non esisterà un percorso legale per raggiungere gli Usa. Ha anche sospeso indefinitamente l’accettazione di rifugiati, e fatto intendere che porrà fine alla protezione umanitaria che Biden ha esteso a cittadini cubani, nicaraguensi, afghani, ucraini. In termini di legalità, un dato rilevante è che ci sono delle aree degli Stati uniti dove, nel campo dell’immigrazione, vige una dottrina chiamata plenary power, che rende la legge sull’immigrazione soggetta al potere federale, e non statale, e rende questo potere quasi intoccabile a livello costituzionale perché è ritenuto un esercizio degli affari esteri. È un potere molto ampio, in alcune aree dell’immigrazione quasi assoluto. Per questo al confine, in termini di ammissioni, sarà quasi impossibile impugnare legalmente ciò che Trump intende fare. Le sfide, più che dall’ambito costituzionale, verranno dal diritto statutale (le leggi emanate dal parlamento, ndr), sulla base dell’argomento che il presidente sta eccedendo i poteri conferitigli dal Congresso.

L’ordine esecutivo contro lo ius soli è un attacco talmente palese ai principi costituzionali che inevitabilmente finirà alla Corte suprema. Pensa che i giudici conservatori (di cui tre nominati dal presidente, ndr) saranno tentati dall’idea di riscrivere quella che sinora è stata l’interpretazione del 14esimo emendamento?
Tutto è possibile, potremmo assistere a un rovesciamento di oltre 100 anni di legge federale, ma penso sia improbabile per quanto riguarda questo tema. Che è stato risolto già nel 1898, in United States v. Wong Kim Ark (il figlio di due residenti cinesi negli Usa, il cui caso arrivò alla Corte suprema perché gli si voleva negare la cittadinanza americana). All’epoca c’era una estrema ostilità contro i cinesi, ai quali era proibito – con pochissime eccezioni – immigrare negli Usa, e si vedevano negato il diritto di diventare cittadini. Era un’epoca di attitudini xenofobe, razziste, anti-migranti. In cui la Corte suprema aveva conferito al governo vasti poteri per escludere, emanare misure razziste. E poi è arrivato questo caso. E nonostante il razzismo e l’ostilità la Corte suprema ha comunque detto no al tentativo di spogliare Wong Kim Ark della sua cittadinanza. Una spiegazione è legale. La nostra nozione di birthright citizenship viene dalla Common Law inglese, ma l’inserimento della frase «soggetto alla relativa giurisdizione» – che è ciò che viene oggi messo in discussione – era inteso all’epoca per far fronte al desiderio delle tribù native di mantenere la propria sovranità, e dunque il potere di determinare la cittadinanza all’interno delle terre tribali. Bisogna anche ricordare che l’emendamento nasce per annullare Dred Scott (la sentenza della Corte suprema del 1853 che negava agli afroamericani la cittadinanza statunitense), e quindi per affermare la cittadinanza delle persone nere, degli ex schiavi: è da sempre stato un processo inclusivo, è impossibile affermare che quella frase, «soggetto alla relativa giurisdizione», fosse pensata per escludere. Un’altra spiegazione è politica. All’epoca in cui è stato deciso Wong Kim Ark c’erano molte persone bianche negli Usa che sarebbero potute rimanere senza cittadinanza: come è noto c’era tantissima immigrazione dall’Europa. E alcuni dei giudici nella loro opinione fanno trapelare il loro razzismo, sostenendo a grandi linee che anche se il caso toccava gli “odiosi” cinesi, un giorno avrebbe potuto riguardare gli “amati” tedeschi. C’era una palpabile preoccupazione per l’eventualità che privare le persone non bianche della cittadinanza potesse danneggiare la supremazia bianca negli Stati uniti.

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Però l’ordine esecutivo di Trump non è retroattivo.
Una mossa furba, ma se lo ius soli cessa di essere un diritto costituzionale niente vieta che in futuro possa accadere – basterebbe un ordine esecutivo. Ci sono alcuni giudici dell’attuale Corte suprema a cui potrebbe non interessare, ma ce ne sono alcuni che credo sarebbero preoccupati dalle implicazioni legali di una simile decisione. Ma anche da quelle pratiche: sarebbe una rivoluzione del modo in cui, in questa nazione, abbiamo sempre inteso la nostra identità. Questa è la prima volta che qualcuno osa sollevare la questione: tutti – governo, Congresso – hanno sempre compreso che abrogare lo ius soli avrebbe comportato un emendamento costituzionale. Tutti tranne il presidente Trump.

Pensa che nel lungo termine questo ordine esecutivo rappresenti un pericolo per i diritti degli stessi cittadini afroamericani per i quali è stato scritto il 14esimo emendamento?
Ciò che è tristemente è accaduto in questo Paese a molte persone nere è che il sistema carcerario ha rimpiazzato sotto molti aspetti Jim Crow e lo schiavismo. Penso di nuovo alla frase «soggetti alla relativa giurisdizione». E mi chiedo: il governo potrebbe a un certo punto decidere, se si percorre questa china, che le prigioni sono al di fuori di questa giurisdizione? Sto solo facendo un esercizio di immaginazione, ma il punto è che se si apre questa frase a una vasta interpretazione, quest’ultima potrebbe continuare a espandersi. Cosa accadrebbe? La creazione di campi dove “buttare” la gente? Campi come quelli dove erano detenuti i giapponesi americani, al di fuori di ogni giurisdizione? Sono i pericoli di un’interpretazione così vasta, che sfida la logica stessa. Il pericolo è immenso.



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