Il ritorno dei pensionati all’estero – Fiscal Focus

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Almeno una volta nella vita li abbiamo invidiati tutti, i pensionati raccontati dall’Inps che svernavano in qualche Paese affacciato sul Mediterraneo, dove le tasse sono ridotte al minimo, il sole non manca mai e i cantieri da guardare attraverso le reti probabilmente abbondano. Gente che, giustamente, invece di lasciarsi massacrare dal freddo e più che altro dal costo della vita che in Italia li relegava vicini alla soglia della povertà, ha pensato fosse più simpatico guardare le giornate finire con i piedi a mollo nell’acqua di mare.

Ma anche questo fenomeno, spesso raccontato come una sorta di moderno esodo di massa della terza età, sembra aver innestato la retromarcia: secondo i più aggiornati dati dell’Inps, il numero dei pensionati italiani che hanno deciso di tornare in Italia continua a crescere. Un trend sociale raccontato l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale nel corso del convegno “@Migrazione da fenomeno sociale a fattore identitario”, organizzato nei giorni scorsi a Roma con la collaborazione della Fondazione Migrantes.

Gabriele Fava, presidente dell’Inps, ha sottolineato che “il tema dell’emigrazione non può e non dev’essere analizzato solo mediante statistiche e dati numerici, perché dietro ci sono scelte personali. L’obiettivo prioritario, per l’Inps, è di consentire al lavoratore migrante di affrontare con serenità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa, tutela fondamentale per rendere effettivo il diritto alla libera circolazione dei lavoratori. Sull’immigrazione, è possibile ed auspicabile un’integrazione qualificata. Quindi, laddove oggi registriamo una richiesta o un fabbisogno del tessuto produttivo, se manca manodopera qualificata, la andiamo a intercettare e a integrare nel tessuto produttivo, in modo chiaro e regolare”.

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Di fatto, dall’Istituto che si occupa di pagare le pensioni oggi soltanto 310mila, pari al 2,3% del totale, rappresentano l’incidenza del denaro che ogni mese finisce all’estero, distribuito in circa 160 Paesi, sul totale di 1,6 miliardi di pensioni pagato ogni mese.

“Molti sono coloro che, dopo aver lavorato e conseguito la pensione in Italia, hanno deciso di tornare nel Paese d’origine, ma solo il 26,3% delle pensioni all’estero è pagato agli stranieri, dato destinato ad aumentare”, confida Massimo Colitti, dirigente della Direzione centrale Pensioni Inps. Il trend negativo riguarda tanto i pensionati che scelgono Paesi in cui stabilirsi in base alla convenienza fiscale, quanto invece chi lascia l’Italia per raggiungere i figli trasferiti all’estero.

“Sono diminuite le partenze verso il Portogallo, passando dalle oltre 700 del 2019, alle 114 del 2023, e scendono anche le partenze verso la Spagna, che nel 2023 si sono ridotte di circa l’8% rispetto al 2019. In discesa i trasferimenti verso i Paesi dell’Est: Romania, Polonia, Bulgaria, Moldavia. Le uniche due eccezioni riguardano la Tunisia, che registra un +46% nello stesso quinquennio, e l’Albania, che dai 10 arrivi del 2019 si è passati ai 100 del 2023 – aggiunge Susanna Thomas della direzione centrale Inps – diminuiscono anche le partenze verso gli USA, il Canada, l’Australia, la Germania, la Svizzera, la Francia, l’Olanda e il Regno Unito, tutte destinazioni scelte dai pensionati mossi dall’obiettivo del ricongiungimento familiare”.

Il Portogallo, in particolare, lo scorso anno ha deciso di uscire dal circolo ricreativo dei Paesi a misura di pensionati eliminando il regime di tassazione di favore istituito nel 2009, pari al 10% per i pensionati e del 20% per i nomadi digitali e professionisti.

Ma la crisi del nomadismo della terza età si deve ad altri fattori, a cominciare da un aumento dei prezzi che si avverte ormai a livello globale e non ha risparmiato neanche i Paesi preferiti dai pensionati italiani all’estero. Per di più, molte località inoltre non dispongono di sistemi sanitari pubblici, il che rende necessario stipulare assicurazioni private molto costose. E in fondo c’entra anche la semplicità con cui oggi la tecnologia permette di restare in contatto anche abitando agli antipodi, motivo che spiega almeno in parte la scelta di molti di pensionati di non sentirsi costretti ad inseguire i figli intorno al mondo.

Il discorso non riguarda invece i pensionati stranieri che fanno rientro nel proprio Paese: “Dal 2019 al 2023 l’incremento dei ritorni è stato del 25%, diretti verso quei Paesi che hanno registrato un flusso di emigrazione verso l’Italia”.

A controbilanciare il rientro dei genitori ci pensano i figli: dal 2006 ad oggi la presenza italiana all’estero è raddoppiata. Il 45% dell’ emigrazione ‘per espatrio’ ha come protagonisti giovani e giovani adulti tra i 18 e i 34 anni e il 23% di adulti dai 35 ai 49 anni.





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