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Taluni affermano che Giovanni Falcone fosse fautore della separazione delle carriere perché favorirebbe la maggiore efficacia dell’azione del pm, ma è una tesi fuorviante
Come ormai noto il 16 gennaio la Camera ha approvato la cosiddetta “Riforma della Giustizia” proposta dal governo, che ha per principale oggetto la separazione delle carriere dei magistrati: l’approvazione è avvenuta con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti, dunque con una percentuale di adesioni che non supera i due terzi dei 400 componenti elettivi della Camera e che difficilmente potrà mutare nelle prossime altre tre letture e votazioni – trattasi di ddl di rango costituzionale – anche presso il Senato, composto da 200 componenti elettivi. In sostanza, pur potendosi dare per scontata la approvazione finale della proposta di separazione delle carriere dei magistrati e delle previsioni ad essa connesse, certamente si ricorrerà alla consultazione referendaria, ai sensi dell’art. 138 Costituzione.
In questa delicata materia, a parere di chi scrive, occorre sgombrare il campo da alcuni equivoci di fondo, provando ad esaminare le diverse posizioni.Innanzitutto, occorre confutare l’idea che l’appartenenza alla stessa “famiglia” determinerebbe contiguità tra giudici e pm, condizionando i primi, determinandone l’“appiattimento” sulle tesi dei pm e la predisposizione a prestare maggior attenzione alle richieste dell’accusa.Se poi si vuole una prova concreta della insussistenza del cosiddetto appiattimento dei giudici sulle tesi del pm, basti pensare all’esito del procedimento a carico del ministro Salvini: assoluzione perché il fatto non sussiste, a fronte di una pesante richiesta di condanna! E si potrebbe, dunque, concludere qui …Suggestivamente, poi, taluni affermano che Giovanni Falcone fosse fautore della separazione delle carriere perché favorirebbe la maggiore efficacia dell’azione del pm. E’ una tesi fuorviante e un’interpretazione errata di frasi estrapolate, come tante volte sottolineato, da un testo ben più ampio, la cui lettura completa dimostra che Falcone teorizzava la necessità di una più accentuata specializzazione del pm nella direzione della polizia giudiziaria, rispetto a quanto richiesto nel regime vigente prima del codice di rito del 1988. E non bisogna dimenticare che la più sicura conferma della sua contrarietà alla separazione delle carriere la diede Falcone stesso chiedendo e ottenendo più volte di passare dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa.
Si osserva, poi, che argomenti a sostegno della separazione si ricavano dal testo dell’art. 111 Cost. La parità delle parti, di cui parla il secondo comma, non si gioca sul piano istituzionale: l’avvocato è un privato professionista vincolato dal solo mandato a difendere, che lo obbliga a ricercare l’assoluzione o, comunque, l’esito più conveniente per il proprio assistito, che lo retribuisce per questo, ed è figura diversa dal pm, che è un’autorità giudiziaria indipendente, non riducibile al ruolo di “avvocato della polizia” definizione cara a certi esponenti politici. Non a caso il pm, a norma dell’art. 358 cpp, è obbligato a svolgere indagini anche a favore dell’imputato: egli, infatti, non agisce sempre in vista della condanna, ma dell’accertamento della verità. E questo è un carattere essenziale della sua attività professionale che lo accomunerà comunque al giudice, anche nella malaugurata ipotesi di entrata in vigore della separazione: un carattere che si chiama “cultura giurisdizionale”, definizione ritenuta dai separatisti un mero slogan.Diverse, invece, sono le questioni del sorteggio previsto per designare i membri togati dell’Alta Corte Disciplinare e dei due Csm, che ha come obbiettivo – non sbagliato in sé – di evitare gli effetti critici della esistenza dell’Anm e delle sue correnti.
Ma procediamo con ordine.Non può dubitarsi che, con la separazione delle carriere inevitabilmente, direi “naturalmente”, il pm finirebbe per essere dipendente dall’esecutivo, e credo nessuno possa negare che questa sarebbe una conseguenza assolutamente preoccupante: il pm rischierà di trasformarsi in un organo amministrativo, consequenziale sarebbe l’abbandono della obbligatorietà dell’azione penale, garanzia di eguaglianza per i cittadini come previsto dall’art. 3 Costituzione, in favore della discrezionalità di essa, con previsione di criteri di priorità nella persecuzione dei reati stabiliti però non si sa bene da chi, probabilmente dalla maggioranza parlamentare del momento. Può la nostra democrazia permettersi ciò?Basti vedere come funziona nel resto d’Europa e del mondo: in Austria, il pm è organizzato come autorità amministrativa, è gerarchicamente strutturato ed è nominato dal Ministro di Giustizia, da cui dipende. Esiste interscambiabilità dei ruoli; in Belgio, il pm è nominato dal Re e il passaggio da una carriera all’altra può avvenire solo per decisione dell’esecutivo, da cui, comunque, riceve direttive di carattere generale; in Germania chi esercita la funzione requirente riveste uno status di funzionario statale dipendente, nominato dall’esecutivo ed ha garanzie diminuite rispetto ai giudici; le carriere di giudici e dei pubblici ministeri, inoltre, sono separate, ma l’interscambio è comunque possibile, pur se non è frequente.Ancora, in Francia la carriera è unica, è possibile passare da una funzione all’altra, ma il pubblico ministero, pur inserito nell’ordinamento giudiziario, dipende dall’esecutivo, è sottoposto a forme di controllo di tipo gerarchico-burocratico da parte del Ministro della Giustizia, ha un limitato controllo della polizia giudiziaria. Peraltro, i problemi che derivano dalla collocazione del pm sono oggi, in quel Paese, all’attenzione della pubblica opinione e si è avviata una discussione sulla riforma del pm stesso, anche alla luce di due durissime condanne della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Pur tra resistenze politiche manifestatesi dopo incriminazioni “eccellenti” avvenute anche in un recente passato, si tende a conferire al pm maggiore autonomia dall’Esecutivo. In Spagna, le carriere sono costituzionalmente separate senza possibilità di interscambio. Esiste una certa dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo; in Inghilterra e Galles non esiste il pubblico ministero nelle forme da noi tradizionalmente conosciute, ma il Crown Prosecution Service che consiglia la Polizia la quale ha da sempre l’iniziativa penale e può nominare un avvocato da cui far rappresentare le sue ragioni; in Svizzera le carriere sono separate e non vi si accede mediante concorso, ma a seguito di elezione.
L’ordinamento statunitense, pur se notoriamente molto diverso dal nostro, prevede l’ esistenza di una interscambiabilità tra i ruoli di giudici e pubblici ministeri che coinvolge anche l’avvocatura, dalla quale, come si sa, spesso provengono i pubblici ministeri e i giudici.Dunque, una conclusione può trarsi dall’analisi, pur sommaria, del panorama internazionale: ovunque la carriera del pm sia separata da quella del giudice, non solo il pm stesso dipende dall’esecutivo, ma esiste un giudice istruttore indipendente. Così è in Francia e Spagna ove il ruolo del pubblico ministero italiano è esercitato (non senza qualche occasione di polemica con i pubblici ministeri) dal giudice istruttore, figura da tempo soppressa nel nostro sistema. Evidentemente anche in quegli ordinamenti vi è necessità di un organo investigativo che sia totalmente indipendente dall’esecutivo.Non deve sottacersi poi che in Europa si è guardato al modello italiano, per “suggerirlo” agli altri Paesi.Infine due brevi osservazioni, mi sia consentito, sulle altre due novità normative: 1) il doppio Csm con elezione tramite sorteggio, ancorché temperato; 2) l’Alta Corte di Giustizia.Quanto al sorteggio, si deve rilevare che la dea bendata potrebbe essere benigna e scegliere tutti candidati ottimati e tra essi eleggere i consiglieri del Csm: ma se – mi si perdoni la crudezza – i sorteggiati fossero dei beoti ? L’uno vale uno ha dimostrato, nei fatti, che occorrono preparazione, capacità, intelligenza, equilibrio per ricoprire incarichi istituzionali e non tutti possiedono le doti necessarie. Si dirà: bisogna fermare lo strapotere delle correnti. Giusto, ma il rimedio può essere il sorteggio ?L’Alta Corte. Bisogna sganciare, si sostiene anche in questo caso, la Giustizia Disciplinare dai legami correntizi. La tesi non è del tutto infondata, ma limitare questa riforma solo alla magistratura è un’ipocrisia.Il sistema disciplinare è in crisi in tutti gli organismi professionali, proprio perché non sganciato dalle logiche interne e clientelari. Se si vuole garantire equanimità, celerità, efficacia occorre una riforma di sistema che riguardi tutti i settori, una legge quadro insomma, che stabilisca principi e modalità di esercizio comuni, nell’interesse soprattutto dei cittadini: una riforma che riguardi solo i magistrati, invece, assume il sapore di una ritorsione.La Magistratura può avere delle colpe e delle responsabilità, ma ha anche degli indubbi ed innegabili meriti e riforme adottate solo per finalità “punitive” non sortiranno gli effetti che si sono prefissati i riformatori.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
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