Torniamo a parlare dell’ex cinema Metropolitan di via del Corso cogliendo l’occasione di una recente sentenza del TAR del Lazio che ha confermato la bocciatura da parte della Regione Lazio del progetto di riconversione pressoché totale in spazio commerciale presentato dalla proprietà (ne parlammo a giugno 2022).
La proprietà dell’immobile ha preannunciato un ricorso al Consiglio di Stato, ma è probabile che la cosa non servirà perché l’attuale maggioranza che guida la Regione Lazio sta per approvare una nuova normativa che consentirà la riconversione totale delle poche residue sale cinematografiche esistenti.
In sostanza, si sta passando dalla tutela per i cinema che aveva decretato la passata maggioranza di centrosinistra in regione, alla probabile loro scomparsa, grazie alla nuova normativa in via di approvazione, per far posto ai ben più redditizi spazi commerciali.
Per maggiori dettagli sull’iniziativa dell’attuale maggioranza che guida la Regione Lazio suggeriamo di leggere un recente articolo pubblicato dagli amici di Carte in Regola.
Dell’ex cinema Metropolitan ce ne siamo occupati più volte, provando a spiegare l’assurdità di istituzioni che lasciano cancellare dalla proprietà l’ultimo grande cinema di via del Corso, prima accettando un progetto di riconversione praticamente totale che va in deroga al piano regolatore (scelta fatta dall’amministrazione Raggi, nonostante anche la grave messa in guardia di una consigliera in Assemblea Capitolina del M5S), ed ora con la Regione Lazio che addirittura vuole incentivare la chiusura definitiva di questo come di tutti gli altri cinema!
Già sappiamo che in molti (probabilmente la maggioranza di quanti leggeranno questo articolo) penseranno: ma perché limitare la proprietà dello stabile se si è resa conto che il cinema non è più redditizio e quindi vuole sostituirlo con altre attività commerciali?
Ebbene la necessità che la destinazione prevalentemente culturale di uno stabile venga preservata risiede nel fatto che gli esseri umani, in società suppostamente evolute, non devono solo nutrirsi o vestirsi, ma anche poter soddisfare bisogni culturali come leggere un libro, ascoltare un concerto o assistere a rappresentazioni teatrali o cinematografiche. Storicamente in via del Corso erano presenti tre grandi cinema, ma nel tempo due di essi sono stati trasformati in strutture di vendita (l’Ariston nella Galleria Sordi e l’Etoile in piazza S. Lorenzo in Lucina) e il terzo, il Metropolitan, è chiuso da 13 anni e la proprietà sta facendo carte false per trasformare anch’esso in uno spazio tutto commerciale.
Va sottolineato infatti che, nonostante la stampa mainstream scriva sempre che il progetto del Metropolitan prevede che venga lasciata una sala adibita a cinema, in realtà la riconversione interesserebbe circa il 90% della superficie esistente e quindi si configurerebbe una riedizione del capolavoro che portò a trasformare l’ex-cinema Etoile di piazza San Lorenzo in Lucina in un grande negozio di moda; pochi sanno infatti che al piano superiore di quel negozio è presente una minuscola saletta cinematografica che al tempo servì da foglia di fico per poter dire che una parte del vecchio cinema veniva lasciata.
Per di più, ora che i guasti della “turistificazione” di Roma si stanno percependo a tutti i livelli, una delle pochissime offerte culturali della zona, per i residenti rimasti ma anche per chi viene in centro dal resto della città, dovrebbe essere massimamente protetta, anziché pensare di farne l’ennesimo grande negozio ad uso soprattutto dell’apparentemente incontenibile turismo.
E sempre a coloro che istintivamente prendono le parti della proprietà che si ritrova limitata in ciò che vorrebbe fare col proprio stabile, è utile ricordare che al tempo costoro acquistarono un cinema, peraltro quando già le gestioni dei cinema mostravano sempre più difficoltà (nonostante il Metropolitan nell’ultimo periodo si fosse ricavato una interessante nicchia di mercato proiettando film in lingua originale), pagandolo quindi come tale, mentre se si fosse trattato di una struttura di vendita o addirittura un esercizio di somministrazione il prezzo sarebbe stato ben diverso.
Legittimo quindi da parte della proprietà il pensare di valorizzare lo stabile, ma magari con un progetto di riconversione parziale ad uso commerciale che al tempo la normativa consentiva fino al 50%. Se invece si vuole tentare il “colpo grosso”, proponendo una riconversione praticamente totale, a nostro avviso è corretto, diremmo anzi indispensabile, che le istituzioni si oppongano in nome di un interesse pubblico che altrimenti non verrebbe tutelato da nessuno.
La cosa fu spiegata molto bene nel maggio del 2022 da Walter Veltroni in un articolo che uscì sul periodico OGGI e che noi riprendemmo in parte e commentammo. Due estratti da quell’articolo:
“Quando scende la saracinesca di una sala cinematografica spesso è per sempre. I ristoranti e i bar che chiudono magari dopo un po’ riaprono con il promettente cartello “nuova gestione”. Il cinema ha resistito a tutto, durante il Novecento. Alla guerra, alla povertà, alla televisione. Ora, nel disinteresse totale, si stanno spegnendo ad uno ad uno gli schermi. Dove c’è stato Chaplin o Totò, ora c’è un supermercato on un Bingo.”
“Ma questo vuol dire che le sale devono essere lasciate al loro destino, come balene spiaggiate? Io credo che la grande crisi che il cinema tradizionale sta vivendo meriti dei cambiamenti non solo nelle politiche pubbliche ma anche nelle scelte di chi i film li pensa, li fa, li produce e di chi gestisce le sale. Si deve essere coscienti che i cinematografi devono diventare il luogo in cui si offre qualcosa di diverso dalla fruizione comoda della piattaforma in casa. Luoghi che abbiano accoglienza, poltrone, cibo, qualità tecnologica della visione e dell’ascolto e, soprattutto, che creino ciò di cui si ha più bisogno: una comunità di persone, come nei vecchi d’essai, unita dalla curiosità e dalla voglia di parlare di cinema e di vita.”
Riguardo l’ultima riflessione Veltroni fa, tra gli altri, l’esempio del cinema Troisi, rinato grazie all’intervento dei ragazzi del Cinema America e che ora compete per il titolo di più frequentata monosala d’Italia.
A chi non l’avesse ancora fatto, suggeriamo di andarci al Troisi per vedere cosa voglia dire un cinema moderno, vivo, sempre affollato di persone di ogni età che approfittano dell’atmosfera vitale che si percepisce in quegli spazi. Non dimenticando inoltre lo strabiliante successo dell’aula studio del Troisi che trabocca di gente a tutte le ore (è attiva 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno!?!).
Volendo concludere, davvero c’è qualcuno, a parte la proprietà dello stabile dell’ex-cinema Metropolitan che legittimemente prova a massimizzare i profitti, che ritenga vi sia un qualche interesse pubblico ad avere un’altra grande struttura commerciale in via del Corso, una strada già con una concentrazione commerciale monstre e in cui anche molti portoni sono stati trasformati in negozi?
Ma soprattutto, come pensa la maggioranza che oggi guida la Regione Lazio che i cittadini possano soddisfare i loro bisogni culturali (perché ne hanno, tutti, a prescindere dal partito che votano) se si dà la possibilità di riconvertire in toto i cinema in strutture commerciali?
Ha forse la Regione Lazio qualche piano per provvedere in proprio ad offrire nuove sale cinematografiche alle persone, oppure ritengono che dei cinema se ne possa fare a meno, che basta la televisione, i computer, i cellulari, e chi se ne frega della magia di assistere ad una proiezione in una sala cinematografica, magari grande, confortevole e ultra-tecnologica?
Sarebbe interessante conoscere al riguardo il parere dell’attuale ministro della cultura, Alessandro Giuli, oppure dell’attuale presidente della Commissione Cultura del Senato, Roberto Marti, o anche del presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, Federico Mollicone (romano e quindi probabilmente conoscitore della realtà dei cinema a Roma).
Penseranno costoro che sia una buona idea concedere ai proprietari dei cinema la facoltà di riconvertire in toto le loro strutture, oppure sarebbero d’accordo nel porre delle limitazioni ragionevoli che provassero a coniugare le legittime esigenze del profitto con l’imprescindibilke interesse pubblico a mantenere un minimo di offerta culturale per i cittadini?
Non guasterebbe, da ultimo una presa di posizione da parte del responsabile della cultura a Roma, l’assessore Massimiliano Smeriglio che da qualche mese ha sostituito Miguel Gotor nella giunta Gualtieri. D’altronde il Comune di Roma, benché in era Raggi, ha dato il suo assenso alla riconversione totale dell’ex-cinema Metropolitan e sarebbe interessante conoscere al riguardo quel che ne pensa l’assessore che di cultura si occupa.
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