Starlink? Vanno ripensate le telecomunicazioni di tutta la pubblica amministrazione italiana

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L’arrivo di Starlink potrebbe davvero essere salutare per la Pubblica amministrazione italiana, se riuscirà a spingere il governo a rivedere tutto il sistema delle comunicazioni pubbliche in modo da renderlo adatto alle sfide attuali e future. L’analisi di Francesco Vatalaro, professore emerito di Telecomunicazioni alla Sapienza

 

Il dibattito su Starlink, letteralmente esploso nell’ultima settimana, potrebbe rivelarsi salutare e dovrebbe indurre a qualche riflessione su temi a prima vista lontani. Insomma, come si dice “connect the dots”! Uniamo i puntini, uscendo dalla polemica Musk sì – Musk no.

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Partiamo dall’intervento del ministro della Difesa, Guido, Crosetto in Parlamento lo scorso 8 gennaio: «Le nostre forze armate sono chiamate spesso a operare nell’interesse nazionale anche a grande distanza dall’Italia. E non sempre in presenza di adeguati servizi o infrastrutture». È plausibile che il ministro, riferendosi alle esigenze della Difesa e, in particolare, delle nostre missioni di peace-keeping — alcune delle quali proprio di recente si sono trovate in Libano coinvolte in scenari di guerra — facesse prevalente riferimento ai servizi via satellite di cui ci dotiamo all’estero.

Tuttavia, è bene che il governo italiano sia consapevole che non si tratta solo di questa carenza, ma che lo scenario tecnologico è ben più complesso quando ci si concentra sui servizi per la Pubblica amministrazione nella loro interezza, non solo all’estero ma anche in Italia.

Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti. Fin dal 2004 l’Italia si è dotata di due sistemi di telecomunicazioni per la PA, in patria (il sistema pubblico di connettività o SPC) e all’estero (il sistema RIPA, Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni). Questi due sistemi, di livelli IP e superiori, si appoggiano sulle reti esistenti di livello fisico (rame, radio, fibra, satellite) e sono affidati in gestione agli operatori privati con gare pubbliche predisposte tecnicamente da Agid e gestite da Consip. Dopo il 2004, solo nel 2016 i capitolati tecnici sono stati parzialmente rivisti e, ad oggi, i bene informati sostengono che l’anno 2025 dovrebbe essere quello buono per le prossime gare SPC e RIPA. Nel ventennio trascorso si è proceduto sulla base di numerosissime proroghe che hanno precluso non soltanto una più serrata concorrenza fra gli operatori ma anche e, direi, soprattutto un’accurata revisione delle specifiche tecniche che col tempo sono divenute obsolete, condannando la PA italiana a costi elevati e servizi applicativi inadeguati.

Cosa c’entra tutto questo con Musk e Starlink? Se ci riferiamo alle sedi estere e alle applicazioni per le Ambasciate e per le Missioni di peace-keeping, è evidente che l’apertura nei riguardi di un sistema via satellite a copertura globale, ad alta capacità e resilienza implica solo due strade possibili: ci si affida “in toto” al servizio Starlink (ovviamente, con uno strato di sicurezza delle informazioni a livello applicativo gestito dall’Italia), oppure si considera la possibilità di definire un’architettura integrata terrestre/satellitare, rivedendo però in radice le specifiche della RIPA, per evitare sovracosti inutili a vantaggio di Starlink – da usare davvero laddove non c’è alternativa – e rendendo più efficiente e performante il sistema italiano per gli usi “normali” dei Ministeri degli Esteri e della Difesa.

Una volta che si mette in dubbio (ed è opportuno farlo) il design tecnico del sistema per gli usi oltre frontiera, è anche sensato rivedere in radice SPC, prima di metterlo a gara, anche in questo caso efficientando le soluzioni terrestri, rivedendo le architetture di livello IP e superiori (in particolare il trasporto dei dati), in modo da limitare anche in questo caso i costi dell’uso della costellazione Starlink agli impieghi per i quali si rivelasse davvero indispensabile (dalle catastrofi naturali ai servizi nelle aree bianchissime). Se SPC non fosse efficientato al livello almeno di qualità del sistema satellitare con cui si integra, sarebbe quest’ultimo ad essere prescelto nella quasi totalità dei casi, con sovracosti per l’Italia non ragionevoli.

Insomma, il sistema a livelli IP e superiori della nostra PA richiede comunque un attento ripensamento per evitare i “colli di bottiglia” e gli scarsi livelli di qualità “end-to-end” a cui ci ha, sfortunatamente (ma non inevitabilmente) abituato questo sistema SPC/RIPA. I problemi sono un’architettura di sistema obsoleta (che andava bene nel 2004, già era molto meno accettabile nel 2016, ma oggi richiede un totale ripensamento). Non ci si deve illudere che la fibra ottica, quando sarà capillarmente distribuita, risolverà tutti i problemi: se l’architettura IP non è adeguata la velocità della fibra “rallenta” nei meandri del sistema e il beneficio si perde.

Che piaccia o no, l’arrivo di Musk potrebbe davvero essere salutare per la PA italiana, se riuscirà a spingere il Governo a rivedere tutto il sistema delle comunicazioni pubbliche in modo da renderlo adatto alle sfide attuali e future. Meglio ritardare di pochi mesi le gare pubbliche SPC e RIPA che presentare al mercato degli operatori specifiche inadatte a realizzazioni moderne e a prova di futuro.



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