Cos’è la conversione del pignoramento
La conversione del pignoramento è la possibilità che il debitore esecutato possa domandare al tribunale di poter sostituire le cose pignorate con una somma di denaro che comprenda anche le spese di esecuzione e, ovviamente, l’importo (capitale, interessi, spese) dovuto al creditore procedente e agli altri creditori che eventualmente siano successivamente intervenuti.
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A disciplinare la conversione del pignoramento è l’art. 495 c.p.c.: vediamone insieme gli elementi principali, commentando i vari passaggi del procedimento.
Quando si richiede la conversione del pignoramento
Il comma 1 dell’art. 495 c.p.c. ci indica in modo chiaro che l’istanza di conversione del pignoramento può essere depositata dal debitore sino al momento in cui non sia disposta la vendita o l’assegnazione, ovvero sino al momento in cui il giudice pronuncia la relativa ordinanza:
Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.
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Da quanto sopra ne deriva anche che una volta che viene presentata l’istanza di conversione, la domanda non può più essere riproposta, pena la sua inammissibilità.
Come si richiede la conversione del pignoramento
La conversione del pignoramento va dunque richiesta mediante istanza da depositarsi in cancelleria. Sempre a pena di inammissibilità, bisogna altresì depositare una somma che non sia inferiore al sesto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento stesso, e dei crediti dei creditori che siano intervenuti: da tale importo andranno detratti i versamenti eventualmente già eseguiti, che potranno essere provati documentalmente.
Come intuibile, la somma di denaro non dovrà essere depositata in cancelleria, ma presso un istituto di credito che sarà indicato dal giudice: dunque, ad essere allegata all’istanza di conversione potrà essere la prova di pagamento della cauzione, come quietanza del versamento presso un istituto di credito. In alternativa, è possibile che il pagamento della cauzione possa essere effettuato mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura esecutiva, da allegarsi all’istanza.
Fatto ciò, e una volta ricevuta correttamente l’istanza di conversione, il giudice fisserà entro 30 giorni un’udienza durante la quale sentirà le parti interessate e determinerà la somma da sostituire al bene oggetto di pignoramento, programmando l’eventuale rateizzazione (ne parleremo tra breve).
Quindi, il giudice del tribunale rinvierà a udienza successiva la verifica del buon esito dei versamenti e – in tal caso – l’estinzione del pignoramento, con cancellazione dello stesso e con l’assegnazione delle somme versate ai creditori.
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Come funziona la rateizzazione della conversione del pignoramento
Nel precedente paragrafo abbiamo compiuto rapido cenno all’ipotesi in cui il giudice possa autorizzare la rateizzazione dell’importo oggetto della conversione del pignoramento. Si tratta di una possibilità, riservata alle ipotesi in cui le cose pignorate siano costituite da beni immobili o mobili, e sia appunto richiesta la conversione.
Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di quarantotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale.
Al comma 5 è invece previsto che
Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell’art. art. 510 del c.c., al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.
La rateizzazione dell’importo oggetto di conversione del pignoramento è dunque concessa se esistono giustificati motivi, ed è contraddistinta da versamenti mensili fino a un massimo di 48 mesi. Il debitore dovrà riporre particolare attenzione a evitare ritardi nei versamenti, poiché se omette di versare una rata o la versa con ritardo superiore a 5 giorni, decadrà dal beneficio della conversione e andrà dunque incontro alla vendita dell’immobile.
Recita infatti il comma 6 dell’art. 495 c.p.c. che
Qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell’esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi.